di: Rita Ricciardi | 5 Febbraio 2025
L’Africa, da decenni al centro di dibattiti economici globali, è oggi terreno di confronto tra vecchi modelli di sviluppo e nuove strategie di investimento. La necessità di adattarsi ai paletti man mano più stringenti posti da istituzioni internazionali come la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale (Fmi) sta spingendo molti governi africani a privilegiare il modello di partenariato pubblico-privato (Ppp). Questo trend è destinato a plasmare il futuro degli investimenti nel continente, offrendo opportunità ma anche nuove sfide per le imprese europee, italiane incluse.
L’aumento globale dei tassi di interesse e il costo del denaro hanno modificato profondamente il panorama dei finanziamenti internazionali. Tradizionalmente, i Paesi africani hanno beneficiato di strumenti come il credito all’export (export credit) supportati da agenzie come Sace in Italia. Questi strumenti prevedono coperture assicurative controgarantite dalle garanzie sovrane dei Paesi destinatari del credito, che permettono di ottenere finanziamenti a tassi agevolati. Tuttavia, la crisi del debito, acuita dalle stringenti condizioni imposte dalle istituzioni finanziarie internazionali, ha reso sempre più difficile il finanziamento di infrastrutture usando la copertura delle agenzie di credito all’esportazione (copertura Eca). La Banca mondiale, per esempio, valuta i finanziamenti sulla base di tassi di interesse, periodo di grazia e tempistiche di rimborso, ignorando spesso il costo complessivo del progetto, che può anche essere ridotto con l’uso di materiali locali. Questo approccio penalizza molto l’export credit su progetti con garanzia sovrana poiché i governi si trovano costretti a rispettare le regole della Banca mondiale per evitare di essere messi in lista nera, e molto spesso progetti di fondamentale importanza rimango senza finanza per lunghi periodi.
Inoltre, le agevolazioni temporanee concesse durante la pandemia – come la possibilità di coprire fino al 95% del finanziamento di un progetto attraverso agenzie di credito all’export – sono ora in scadenza, rendendo ancora più stringente il quadro regolatorio. In questo contesto, il Ppp emerge come una risposta pragmatica e sostenibile. I partenariati pubblico-privati, già utilizzati in numerosi settori, consentono di condividere i rischi tra governi e investitori privati. Questo modello si dimostra particolarmente adatto in Africa, dove molti Stati, gravati da alti livelli di indebitamento, faticano a finanziare autonomamente infrastrutture critiche. La logica del Ppp è semplice: il settore privato investe capitali, costruisce e spesso gestisce infrastrutture (come strade, ospedali o impianti industriali), il governo garantisce il pagamento per i servizi forniti. Questo approccio ha il vantaggio di attrarre competenze e tecnologie avanzate, riducendo il carico finanziario diretto sui bilanci pubblici. Inoltre, l’elemento di partnership intrinseco al modello Ppp si allinea con l’obiettivo di promuovere uno sviluppo economico inclusivo e sostenibile.
Se l’Europa nel suo complesso sta già adottando strategie orientate al Ppp, l’Italia rischia di rimanere indietro. Nel quadro del Piano Mattei, il Ppp rappresenterebbe invece un’ottima opportunità. La tecnologia italiana è rinomata per qualità e innovazione, ma spesso le nostre aziende faticano a competere su mercati internazionali a causa di una scarsa integrazione tra pubblico e privato. Supportare il modello Ppp significherebbe non solo incentivare le imprese italiane a esportare tecnologia e competenze, ma anche promuovere una visione di sviluppo condiviso che potrebbe consolidare il ruolo dell’Italia quale partner privilegiato.
Un esempio di Ppp che potrebbe includere l’uso delle nostre tecnologie ed essere in linea con il rispetto e la preservazione delle risorse, è quello legato alla gestione delle acque, sia nel campo della potabilizzazione che del riuso. Tutto sta nell’investire nello studio iniziale di un modello economico bancabile così che i rischi del privato vengano coperti da istituzioni finanziarie e, perché no, anche da agenzie come Sace se, a fronte del rischio di mercato (coperto dai governi), c’è una garanzia al pagamento firmata dal Tesoro.
Non mancano però le difficoltà. I Ppp richiedono un quadro normativo chiaro, istituzioni solide e capacità di negoziazione. Un ruolo fondamentale potrebbe dunque essere giocato da istituzioni come Sace. Allo stesso tempo, un maggiore coinvolgimento di banche e altre organizzazioni finanziarie potrebbe contribuire a rendere i progetti più sostenibili dal punto di vista sia economico che sociale.
Questo corsivo è apparso sul numero di gennaio 2025 di Africa e Affari, disponibile per l’acquisto qui in formato cartaceo e qui in formato digitale.