di: Andrea Spinelli Barrile | 11 Febbraio 2025
La raffineria di petrolio Dangote in Nigeria, la più grande dell’Africa, potrebbe iniziare a funzionare a piena capacità entro 30 giorni. Lo ha detto all’agenzia Reuters Edwin Devakumar, direttore della raffineria, che ha detto che attualmente l’impianto sta operando all’85% della sua capacità e “potremo arrivare al 100% in 30 giorni”.
Doveva essere la soluzione a tutti i problemi energetici ma sta diventando un gigante mangiasoldi difficile da gestire: è la raffineria Dangote di Lekki, a Lagos, la più grande dell’Africa, che avrebbe dovuto ridurre la dipendenza della Nigeria dalle importazioni di carburante e far diventare la Dangote industries un gigante dell’energia. La raffineria, da 650.000 barili al giorno, ha iniziato a trasformare il greggio in prodotti, tra cui gasolio, nafta e carburante per aerei, nel gennaio dell’anno scorso e ha iniziato a lavorare la benzina a settembre ma a un anno dall’inaugurazione la realtà è più complessa di quanto si sarebbe potuto prevedere: ritardi, debiti enormi, redditività ancora incerta e persistenti pressioni finanziarie pongono il conglomerato nigeriano in una zona di turbolenza.
L’obiettivo dichiarato è competere con le raffinerie europee quando opera a piena capacità ma ha avuto difficoltà ad approvvigionarsi localmente una quantità sufficiente di greggio e, l’anno scorso, ha iniziato a importare greggio dopo non essere riuscita ad assicurarsi volumi sufficienti nonostante un accordo con il governo nigeriano per acquistare greggio in valuta locale.
Problemi che stanno diventando sempre più grandi: nell’agosto 2024, Fitch Ratings ha declassato il rating di Dangote industries limited da Aa a B+ sulla scala nazionale nigeriana, citando un significativo deterioramento della sua liquidità e la sua incapacità di reperire fondi sufficienti per far fronte alle scadenze del suo debito. Oggi la situazione non è migliorata: il 4 febbraio l’agenzia di rating ha detto di tenere Dangote “sotto osservazione negativa” ed esprime dubbi sulla sua effettiva capacità di rifinanziare o rimborsare i debiti in scadenza nel 2025, il primo dei quali cade proprio questo mese di febbraio. Secondo quanto quantifica l’Agence ecofin, il gruppo Dangote ha attualmente impegni finanziari pari a 2 miliardi di dollari in debito sindacato senior, a cui si aggiungono 1,65 miliardi di dollari di prestiti intragruppo, pagabili a vista e classificati come “debito subordinato”, che deve alla propria società Greenview. Nonostante i colloqui con i creditori, non è stato annunciato alcun accordo di rifinanziamento chiaro e, senza misure concrete, un ulteriore declassamento del rating resta una seria minaccia.
La Dangote oil refinery sta esplorando nuovi mercati per i suoi prodotti raffinati e la scorsa settimana proprio Aliko Dangote ha detto, rivolgendosi a un gruppo di professionisti nigeriani che hanno fatto visita alla raffineria, che stava inviando due carichi di carburante per aerei alla Saudi Aramco come parte dei suoi piani di espansione. Il problema è riuscire effettivamente a pesare le dichiarazioni sulla bilancia della realtà economica: se è vero, come è vero, che la raffineria opera ufficialmente “all’85% della sua capacità” e ufficiosamente, dati Ecofin, al 50%, è anche vero che la situazione ha registrato un leggero miglioramento con l’avvio della produzione di benzina a settembre e l’imminente avvio dell’impianto di polipropilene previsto per i prossimi giorni. Progressi che, fatti i conti della serva, non sono sufficienti a generare profitti: alla fine del terzo trimestre del 2024 la liquidità del gruppo era sotto pressione e non c’era più margine di manovra sulla linea di credito rotativa, che era completamente utilizzata. Inoltre, non è prevista alcuna distribuzione di dividendi nel breve termine, segno di persistenti tensioni sui flussi di cassa. Il gruppo fa sapere di essere impegnato in trattative avanzate con i propri creditori, in particolare per estendere le scadenze del proprio debito e ottenere condizioni di rifinanziamento più favorevoli, ma non è sicuro che questo accada veramente e questa incertezza apre a scenari nebbiosi.
Il tutto in un contesto macroeconomico difficile, con il deprezzamento della naira che aggrava di molto l’onere del debito della raffineria.
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