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Africa: FfD4, poche riforme sistemiche, molte iniziative concrete

di: Michele Vollaro | 4 Luglio 2025

Nel caldo torrido di un’estate andalusa che ha fatto da specchio alle tensioni del dibattito, la Quarta Conferenza sul Finanziamento dello Sviluppo (FfD4), conclusasi ieri a Siviglia, consegna al mondo un’eredità complessa. La narrazione ufficiale, presentata da Nazioni Unite e presidenza spagnola, celebra il successo di un multilateralismo pragmatico che, nonostante un contesto globale ostile e l’assenza degli Stati Uniti, è riuscito a produrre un accordo consensuale – il ‘Compromiso de Sevilla’ (Impegno di Siviglia, in italiano) – e a lanciare oltre 130 iniziative concrete. A questa visione si contrappone quella, altrettanto netta, della società civile internazionale, che dai corridoi affollati del Palazzo dei congressi Fibes ha denunciato una “profonda delusione” per un’occasione mancata. Per l’Africa, che a Siviglia si è presentata con una voce unita e una strategia senza precedenti, la conferenza non è stata un punto d’arrivo, ma la prima, vera battaglia di una lunga campagna per riscrivere le regole della finanza globale.

Un vertice di crisi e di speranza

Per quattro giorni, Siviglia è stata la capitale della finanza mondiale. Oltre 10.000 delegati, tra cui più di 50 capi di Stato e di governo, hanno affollato il centro congressi Fibes in un viavai continuo di incontri e più di 450 eventi collaterali, senza considerare anche l’affollato International Business Forum e il combattivo Civil Society Forum. “Questa partecipazione massiccia è un buon segnale per il multilateralismo”, ha dichiarato alla conferenza stampa conclusiva la vice-segretaria generale dell’Onu, Amina Mohammed. 

La diagnosi di partenza, affidata al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, era stata però durissima: “La finanza è il motore dello sviluppo, e in questo momento quel motore si sta spegnendo”. Una crisi certificata dai dati allarmanti dei rapporti Unctad e Sdsn, che parlano di un “crollo degli investimenti per gli SDGs” e di un debito che costringe 3,4 miliardi di persone a vivere in Paesi che spendono più in interessi che in sanità o istruzione.

Di fronte a questo scenario, il continente africano è arrivato a Siviglia con una piattaforma di riforme tanto ambiziosa quanto strategica, articolata dall’Unione Africana e dall’Unec. Non una semplice richiesta di aiuti, ma un appello per un “nuovo contratto finanziario globale” basato su tre pilastri: una riforma della governance di Fondo monetario internazionale (Fmi) e Banca Mondiale, una Convenzione fiscale a guida Onu per combattere gli 89 miliardi di dollari persi ogni anno in flussi illeciti, e una Convenzione quadro vincolante sul debito sovrano. A dare un’anima a questa posizione politica sono state le voci di leader di tutto il continente. “Questa volta non deve essere solo un rumore, deve essere una voce. Una vera voce forte che faccia la differenza”, aveva dichiarato alla vigilia Nardos Bekele-Thomas, ceo di Auda-Nepad. Una frustrazione a cui l’ex ministro delle Finanze sudafricano, Trevor Manuel, ha dato una lettura quasi poetica, citando Nelson Mandela: “Spendere per il servizio del debito significa spendere per ieri; la democrazia è spendere per domani”, per poi attaccare la mancanza di responsabilità delle agenzie di rating, definendole “il regolatore di sé stesse”, i cui errori “ricadono sulla vita dei poveri”.

Un compromesso raggiunto in anticipo

La vera particolarità di questo vertice è che il documento finale, il Compromiso de Sevilla, era già stato approvato per consenso a New York due settimane prima dell’inizio dei lavori, un fatto tutt’altro che scontato. Questo consenso, tuttavia, è stato il risultato di un negoziato teso, che ha visto la spinta del G77 per riforme sistemiche scontrarsi con la resistenza del Nord. Il clamoroso ritiro di Washington dalla fase finale ha paradossalmente sbloccato lo stallo, permettendo a Unione Europea e G77 di trovare un terreno comune. Il risultato è un documento di compromesso: se sulla fiscalità il processo Onu va avanti, sul debito la richiesta di una Convenzione vincolante è stata sostituita da un più morbido “processo intergovernativo per esplorare opzioni”.

I risultati: tra iniziative concrete e critiche

Se sulle riforme sistemiche il risultato è stato un compromesso, la novità di Siviglia è stata la vitalità della Piattaforma d’Azione. L’annuncio più significativo è stato il lancio del “Foro dei Debitori” a guida Onu, definito dal ministro dell’Economia spagnolo Carlos Cuerpo il contraltare, a quasi 70 anni di distanza, del Club di Parigi dei creditori. A questo si sono aggiunte iniziative come l’Hub per i Debt Swaps di Spagna e Banca Mondiale, la “call to action” sul capacity-building guidata da Italia e Kenya e la piattaforma dati Africa Virtual Investment Platform (Avip) presentata da Unione Africana e Ocse come un nuovo strumento per aumentare la trasparenza e contrastare la percezione del rischio che frena i capitali.

Queste soluzioni pragmatiche, tuttavia, sono state etichettate come “false narrazioni” da Jason Rosario Braganza della rete panafricana Afrodad, che ha ribadito la posizione della società civile: “Ciò che vogliamo sono fondi reali sotto forma di sovvenzioni, non di prestiti”. Una critica ripresa da Tove Ryding di Eurodad, che ha definito l’intero accordo un “business as usual”.

Implicazioni per l’economia reale africana

Al di là della diplomazia, l’esito di Siviglia avrà un impatto concreto sull’economia del continente. Il successo del grande progetto dell’Area di Libero Scambio Continentale Africana (AfCFTA) dipende da un ambiente macroeconomico stabile. L’alto costo del capitale, alimentato da una percezione del rischio non rispondente all’effettiva realtà dei fatti, e la carenza di investimenti in infrastrutture e filiere agroalimentari sono le vere barriere allo sviluppo del mercato unico.

In ogni caso, la conferenza ha messo in luce un effettivo cambiamento di mentalità, ben riassunto da Ndidi Okonkwo Nwuneli della ONE Campaign: “Il volto dell’Africa non è un bambino affamato, ma un’imprenditrice agricola di successo”. Le riforme discusse a Siviglia non sono un corollario, ma una precondizione operativa per permettere a queste imprese di competere. 

L’eredità del vertice è dunque complessa: una vittoria del multilateralismo pragmatico che ha prodotto risultati concreti, ma una delusione per chi sperava in una rivoluzione delle regole globali. La spinta africana per un nuovo ordine finanziario non si è però esaurita; ha solo concluso il suo primo, fondamentale capitolo. [dal nostro inviato a Siviglia, Michele Vollaro]

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