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Tunisia: Italian Business Oscars 2022, la Cmi vince il premio come migliore PMI

di: Redazione | 20 Ottobre 2022

Si è distinta agli Italian Business Oscars 2022 la Cmi – Compagnie manufacture italienne –  vincendo il premio come migliore Pmi, in particolare per la realizzazione di investimenti. Un riconoscimento che potrebbe essere ribattezzato premio per il coraggio, quello di aver saputo assorbire, sin dalla sua nascita, uno shock così intenso e inaspettato come quello della pandemia di covid-19 e le sue conseguenze sul tessuto economico-industriale.

La storia dei primi anni di vita della Cmi, la racconta in prima persona ad Africa e Affari Brian Bacci, da Tabarka, dopo la premiazione all’evento organizzato il 15 e 16 ottobre dalla Camera tuniso-italiana di Commercio e industria (Ctici). “Abbiamo deciso di rilevare un’azienda dal passato importante nell’industria tessile, un po’ in declino, facendo un investimento di acquisto e un investimento di rilancio, cercando di rinnovare i macchinari e di aumentare il personale”, racconta l’imprenditore toscano 34enne, anche a nome del socio Gianluca Cattarin, 52 anni, con il quale è partito il progetto in Tunisia nell’ottobre del 2019. L’azienda ha statuto di società totalmente esportatrice, Srl non residente.

A soli pochi mesi di vita il progetto si è intersecato con le congiunture negative della pandemia. “Dopo pochissimo ci siamo trovati in un Paese che conoscevamo poco, senza punti di riferimento, se non la Camera di commercio, in lockdown, con un’azienda che era già arrivata a 120 dipendenti ma costretti a rimanere a casa, senza ammortizzatori sociali. Non capivamo bene la legge, quando si poteva o non si poteva lavorare…”. Una situazione molto difficile per una giovane impresa, ma che non si è arresa, anzi ha continuato a pagare gli stipendi e contributi al 100 per cento, persino nei momenti di paralisi totale dell’attività. Al contesto tunisino si è aggiunto il fatto che dall’Italia, dove i negozi sono rimasti chiusi, alcuni clienti hanno chiesto del tempo per poter regolarizzare pagamenti.

“Riuscire a restare vivi, a non gettare la spugna, ci ha permesso poi di fare una seconda parte del 2020 e prima parte del 2021 di riassestamento, e una fine del 2021 e inizio 2022 di grande crescita alla luce del boom del mercato del tessile, specialmente in Tunisia”. Una vigorosa ripresa del mercato conseguente alle difficoltà della Cina e per la difficile situazione in Europa dell’Est, che ospita un importante polo di produzione manifatturiera – Romania, Ucraina, Moldavia. “A quel punto i principali player italiani hanno guardato molto alla Tunisia”, con conseguenze favorevoli per la Cmi.

L’azienda è passata da 100 dipendenti iniziali a 150. Gli unici 2 italiani sono i due soci paritari, Brian Bacci e Gianluca Cattarin, che svolgono anche mansioni lavorative rispettivamente di amministrazione e gestione della produzione. La produzione ha raggiunto i 300 capi spalla al giorno (giacchi e cappotti da donna) per brand italiani, con un elevato grado di qualità.

La scelta di insediarsi in Tunisia per la Cmi è nata da un’esigenza, “quella di sviluppare il progetto avendo un’azienda a ciclo completo, dove tutta la produzione avvenisse internamente. In Italia, per via della legislazione, le imprese del tessile si sono spezzettate: chi fa solo il taglio, chi fa solo una parte della confezione, chi fa solo lo stiro, chi si concentra su modelli, e via discorrendo”, spiega Bacci. Le grandi aziende, ci fa capire l’imprenditore, si sono disintegrate in micro imprese. “Lavoravamo in questo  contesto in Italia e non eravamo soddisfatti perché il nostro progetto di qualità globale necessitava tutte le fasi di produzione sotto un unico tetto. Guardandoci intorno, la Tunisia ci è sembrata, e si è rivelata, la location dove questo progetto ha potuto realizzarsi”.

Non mancano però ostacoli e sebbene la Tunisia cerchi di attirare, o meglio ri-attirare, investitori esteri, dalla Cmi, e da diversi altri imprenditori incontrati agli Oscar, è emersa la necessità urgente di maggiori tutele e meno freni. Una burocrazia pesantissima, ostacoli doganali, scarse garanzie di tutela dell’imprenditore nei confronti del lavoratore, disposizioni fiscali meno vantaggiose rispetto al passato, hanno disilluso chi, prima della rivoluzione del 2011, era considerato il ‘petrolio’ della Tunisia: l’investitore straniero.

Ora la Cmi sta sperimentando una fase di consolidamento, osservando con attenzione la nuova congiuntura favorevole per la filiera, ma anche gli sviluppi politico istituzionali. “Sebbene ci sia una richiesta di mercato che favorirebbe un ampliamento, non è semplice farlo: non solo a causa di aspetti burocratici, ma anche a causa di una incerta stabilità, per ora garantita, ma non si sa per quanto tempo. Guardiamo con preoccupazione il clima politico. Siamo mossi da un doppio sentimento: l’entusiasmo di un Paese attrattivo ma con una fragilità di sistema che potrebbe vanificare gli investimenti che stiamo facendo”. [Dalla nostra inviata a Tabarka]© Riproduzione riservata

Leggi il nostro focus sulle opportunità di business presenti in Tunisia per le imprese italiane: https://www.africaeaffari.it/rivista/quale-tunisia

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