Una questione di resa innanzitutto. Ma anche un problema legato alla lavorazione. E, infine, un confronto, con la Costa d’Avorio, senza possibilità di appello. Da queste premesse il Ghana è partito per rimettere in sesto un settore nevralgico come quello del cacao e lo sta facendo anche grazie al sostegno dell’italianissima Cassa depositi e prestiti (Cdp).
Partiamo dai fondamentali. Il settore del cacao è per il Ghana un’industria strategica e di fondamentale importanza sia per volume di fatturato prodotto sia per numeri di posti di lavoro in gioco; secondo stime correnti, il Paese è il secondo produttore globale di fave di cacao, una su cinque immessa sul mercato globale ha origine ghanese. La raccolta e la vendita del cacao rappresentano una fonte di ricavi di primaria importanza per ottocentomila agricoltori locali. Questi vendono tutto il loro raccolto alla società a controllo pubblico Ghana Cocoa Board (Cocobod), che ha il compito di fare da intermediario tra chi produce e i mercati internazionali.
L’industria del cacao contribuisce a formare circa il 7% del pil del Paese ed è alla base di circa il 20% dei flussi di valuta estera in entrata nel Paese. Numeri importanti, ma che potrebbero essere ancor più significativi; e qui i nodi arrivano al pettine. Nonostante gli innegabili sviluppi registrati negli ultimi anni, la filiera ghanese soffre di una limitata produttività: nel 2019 la resa delle coltivazioni è stata in media di 450 chilogrammi per ettaro, mentre nella vicina Costa d’Avorio si è arrivati a un valore medio di mille chilogrammi per ettaro. Una differenza così marcata da aprire più di un interrogativo.
A frenare i raccolti, però, ci sono anche infrastrutture per l’irrigazione carenti e la diffusione di un virus che ha già colpito il 17% dei terreni dedicati alle piantagioni, mentre il 22% delle piante non è più produttivo. Un altro collo di bottiglia è quello legato alla creazione di valore aggiunto, questo sì problema generale dei Paesi produttori e non soltanto ghanese: ancora nel 2019 il Paese era in grado di processare poco più di duecentomila tonnellate di fave di cacao per stagione. [Da Redazione InfoAfrica]© Riproduzione riservata
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