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Africa: l’emergenza ecologica in soccorso di un’industrializzazione sostenibile

di: Redazione | 28 Giugno 2023

Dopo essere rimasto notevolmente indietro nella corsa globale all’industrializzazione, il continente africano è ora in grado di industrializzarsi senza dover copiare altri modelli, scommettendo sulla digitalizzazione dei metodi di produzione, sull’impiego di tecnologie verdi e sfruttando il potenziale dell’Area di libero scambio del continente africano (Afcfta). Lo rivela il “Libro bianco sull’industrializzazione sostenibile in Africa”, diffuso alla fine della scorsa settimana dalla Scuola di scienze politiche ed economiche di Londra, un lavoro che spiega come, in Africa, la trasformazione strutturale delle economie, sfociata nella maggior parte dei casi in un trasferimento di risorse dal settore primario al secondario, poi al terziario, tenda ad aggirare la sequenza dell’industrializzazione.

Finora gli sforzi compiuti nel continente in termini di industrializzazione sono ritenuti fallimentari, anche se la realtà è più sfumata e complessa: la quota del settore industriale sull’occupazione totale nel continente è scesa all’11,8% nel 2004, dal 12,3% nel 1991, prima di risalire leggermente al 13,6% del 2021.

Esistono anche discrepanze tra le varie sottoregioni del continente: in nord Africa, i posti di lavoro nell’industria rappresentavano il 26% del totale nel 2021, un livello vicino alla soglia del decollo industriale. Seguono l’Africa australe (17%), l’Africa occidentale (13%), l’Africa centrale (11%) e l’Africa orientale (10%). Il rapporto chiarisce che i bassi livelli di industrializzazione del continente si spiegano, tra l’altro, con gli effetti nefasti dei piani di aggiustamento strutturale, che hanno spinto i Paesi africani ad abbandonare le leve della politica industriale e permesso ai mercati liberalizzati di avvantaggiarsi dei loro vantaggi comparativi. Questo ha favorito l’ascesa dell’estrazione mineraria e petrolifera ad alta intensità di capitale piuttosto che lo sviluppo di industrie manifatturiere ad alta intensità di manodopera.

Mentre l’industrializzazione rimane una delle migliori risposte all’urgenza di creare 12 milioni di posti di lavoro all’anno per assorbire i nuovi ingressi nel mercato del lavoro, il continente non potrà più copiare i modelli che hanno già dimostrato il loro valore: i paesi africani oggi, rivela il report, affrontano una maggiore concorrenza nel settore manifatturiero, sia nei mercati internazionali che in quelli interni. Le catene globali del valore non sono più le stesse del Ventesimo secolo e le regole del commercio globale sono cambiate, spostandosi verso maggiori restrizioni e normative.

Il rapporto indica che l’Africa ha alcuni asset da industrializzare in modo diverso dagli altri e in modo più sostenibile: il primo di questi è sfruttare la consapevolezza dell’emergenza ecologica su scala globale per adottare metodi di produzione industriale puliti e tecnologie verdi, capitalizzando le abbondanti risorse del continente nel campo delle energie rinnovabili e massimizzando il valore aggiunto dei metalli necessari alla transizione energetica come rame, cobalto e litio.

Il continente può anche puntare sulla digitalizzazione dei processi produttivi per aumentare il valore di tutte le sue materie prime, inclusi petrolio, gas, legname e prodotti agricoli. Inoltre, lo sviluppo di catene del valore regionali può anche accelerare la trasformazione industriale dei paesi africani. L’Area di libero scambio africana si prevede che creerà un vasto mercato comune di 1,3 miliardi di consumatori, e in tal senso offre un’opportunità unica per promuovere queste catene di valore regionali: l’Africa sta infatti diventando il più grande mercato di consumo al mondo, con una popolazione che passerà da 1,2 miliardi di persone oggi a 2,5 miliardi nel 2050. [Da Redazione InfoAfrica]

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Leggi il nostro focus sulle soluzioni Made in Africa per rispondere alle sfide globali: https://www.africaeaffari.it/rivista/pane-e-fantasia-africana

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