di: Michele Vollaro | 28 Luglio 2025
Si aprono oggi ad Addis Abeba i lavori del secondo UN Food Systems Summit Stocktake (UNFSS+4), un vertice che, organizzato per la prima volta su suolo africano, riunisce capi di Stato e di governo, istituzioni finanziarie e società civile assumendosi il compito titanico di fare il punto sulla sicurezza alimentare globale. Co-presieduto dall’Italia e dall’Etiopia, l’incontro non è un semplice bilancio tecnico, ma uno stress-test per l’intera architettura della cooperazione internazionale. Si svolge infatti in un’era di crisi multiple e interconnesse – dai campi di grano dell’Ucraina trasformati in campi di battaglia, alla carestia che attanaglia il Sudan – che stanno ridisegnando la mappa della fame e impongono una nuova realtà di vulnerabilità condivisa, dove l’inflazione sugli scaffali dei supermercati di casa nostra è direttamente legata alle crisi climatiche e geopolitiche.
La giornata di ieri, battezzata “Action Day”, ha ancorato il vertice alla realtà del territorio. Mentre centinaia di delegati hanno partecipato a visite sul campo per toccare con mano le innovazioni del modello etiope – dai centri di ricerca come quello di Melkassa, dove si sviluppano sementi resistenti alla siccità, ai cluster agricoli che puntano all’autosufficienza – la diplomazia si muoveva a ritmi serrati nella capitale. La presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni, che oggi aprirà il summit insieme al suo omologo etiope Abiy Ahmed, ha dato il via alla sua missione incontrando ieri alcuni operatori religiosi italiani, a sottolineare la profondità storica della presenza italiana nel Paese.
Il vertice che si apre oggi eredita questo doppio binario, tecnico e politico. L’agenda dei prossimi due giorni è densa di appuntamenti con oltre un centinaio di side-events organizzati dalle diverse agenzie delle Nazioni Unite, Paesi partecipanti, organizzazioni internazionali e non governative. Al centro del vertice, quindi, la questione cruciale sarà come far fronte all’aumento della fame in Africa – come anticipato dal rapporto sullo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione (Sofi) che sarà presentato ufficialmente stasera proprio ad Addis Abeba – mentre gli investimenti verso il settore agricolo registrano un calo costante, esplorando percorsi diversi e potenzialmente complementari. Da un lato, si discuterà con insistenza, specialmente durante gli “Investment Dialogues”, di come attrarre i grandi capitali privati internazionali attraverso meccanismi di “de-risking” e finanza mista; un approccio sostenuto da istituzioni come la Banca Mondiale e adottato con forza da potenze africane come la Nigeria. Parallelamente, e a complemento di questa visione, l’Unione Africana sta portando avanti la sua agenda per una maggiore “ownership” finanziaria, promuovendo l’ambizioso progetto di un Fondo Panafricano capace di mobilitare le immense risorse interne del continente per finanziare quelle priorità strategiche e a più lungo termine che faticano ad attrarre gli investitori globali.
In questa complessa partita a scacchi, l’Italia gioca un ruolo da protagonista. La co-presidenza del summit non è un atto formale, ma la piattaforma per proiettare la visione strategica del Piano Mattei. La delegazione guidata dalla presidente Meloni e composta dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e dal vice-ministro degli Esteri Edmondo Cirielli, ha un’agenda fittissima che va oltre le plenarie. Ieri si sono svolti infatti una serie di cruciali bilaterali con il Primo ministro etiope e, soprattutto, con il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Mahamoud Ali Youssouf, in un incontro che fa da seguito diretto al vertice di Roma sul Piano Mattei, per tradurre il “partenariato paritetico” in azioni concrete.
Ma ad Addis non si parlerà solo di soldi. Grande attesa anche per la tavola rotonda ministeriale sulla “sovranità alimentare”, guidata da Italia e Unione Africana, che sposta il focus su chi ha il diritto di definire le proprie politiche agricole. Verranno presentati approcci innovativi come il “True Cost Accounting”, un metodo per calcolare i costi nascosti del cibo che la FAO stima in 10 trilioni di dollari all’anno, tema di un evento a guida italiana con la partecipazione di esperti del Ciheam di Bari. La discussione sulle soluzioni future toccherà anche il cuore della ricerca agricola globale, con un’attenzione particolare al ruolo del CGIAR, il consorzio che raggruppa i principali centri di ricerca mondiali, la cui visione sull’innovazione scientifica e tecnologica sarà uno dei temi caldi del vertice.
In definitiva, ciò che si respira qui ad Addis Abeba è la consapevolezza della fine di una vecchia era. I dibattiti che animeranno il vertice – su chi deve finanziare la transizione, su chi ha il diritto di definire le politiche agricole – non sono più dialoghi a distanza tra mondi separati, ma il riflesso di un destino ormai comune. La sensazione, nella capitale d’Africa, è che il tempo delle vecchie ricette sia scaduto. La sfida, per l’Italia e per il mondo intero, non è più “aiutare l’Africa”, ma costruire insieme una resilienza globale di cui, oggi più che mai, anche l’Europa ha disperatamente bisogno.