di: Giulia Filpi | 27 Agosto 2025
L’oro tunisino sta vivendo una stagione amara, osserva un’analisi del sito locale di notizie economiche Business News. Annunciata come eccezionale, la stagione olivicola 2024-2025 si è conclusa con un risultato mediocre: appena 236.000 tonnellate di olio d’oliva prodotte. Secondo l’articolo, “il settore paga a caro prezzo l’ingerenza politica e le vessazioni nei confronti dei suoi principali attori”. L’arresto di Abdelaziz Makhloufi, la fuga di Adel Ben Romdhane, l’incarcerazione dell’ex ministro Samir Taieb e la destituzione dell’amministratore delegato dell’Ufficio nazionale dell’olio (Onh).
Nell’ottobre 2024, l’Ufficio nazionale dell’olio aveva dichiarato che la Tunisia avrebbe dovuto produrre 340.000 tonnellate di olio d’oliva, con un aumento del 55% rispetto all’anno precedente. Un’abbondanza paragonabile alle grandi stagioni storiche, lontana dalle 220.000 tonnellate inizialmente previste per la stessa stagione. Venerdì scorso, 22 agosto, il ministero dell’Agricoltura ha annunciato 239.000 tonnellate, con un aumento comunque considerevole: il 36,2% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
La Tunisia ha prodotto più olio rispetto all’anno scorso (+36,2%), ma ha incassato molto meno. Le entrate sono passate da 4.622 milioni di dinari (un dinaro equivale a 0,29 euro al cambio attuale) nel 2023/2024 a 3.190 milioni per la stagione in corso, con un vertiginoso calo del 31%. Se il calo dei prezzi internazionali spiega in parte questo crollo, l’olio è stato svenduto a 12,5 dinari per il mercato locale, risultando in un disastro finanziario.
Il più grande shock della stagione oleicola è stato tuttavia di natura giudiziaria, con l’arresto, nel novembre 2024, di Abdelaziz Makhloufi, amministratore delegato del gruppo Cho. Primo esportatore del Paese, rappresentava da solo tra il 40 e il 60% delle esportazioni nazionali. Il suo ruolo andava ben oltre il commercio: riunendo migliaia di agricoltori e garantendo finanziamenti bancari, assicurava la fluidità dell’intera filiera olearia. La sua detenzione ha paralizzato il settore.
Quasi contemporaneamente, Adel Ben Romdhane, altro pilastro del settore, è fuggito in Spagna. Noto per il suo modello consistente nell’ottenere contratti internazionali prima di raccogliere l’olio, aveva generato entrate record, acquistando talvolta a più di trenta dinari al chilo. La sua disfatta lascia dietro di sé 500 milioni di debiti e più di 300 oleifici sull’orlo del fallimento. Anche l’ex ministro dell’Agricoltura Samir Taieb è stato arrestato sulla scia di questi eventi, intrecciando ulteriormente il caso con i regolamenti di conti politici.
L’assenza delle due figure di Romdhane e Makhloufi ha lasciato, secondo Business News, un vuoto immenso. Gli agricoltori, privati dei loro principali acquirenti, si sono ritrovati senza sbocchi commerciali, arrivando a interrompere la raccolta. Le banche, fortemente esposte, hanno ristretto il credito. Il mercato, un tempo strutturato da questi due attori principali, si è disgregato.
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