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Ticad 9: la scommessa di Tokyo per un futuro africano sostenibile

di: Céline Dominique Nadler | 25 Agosto 2025

La nona Conferenza internazionale di Tokyo sullo sviluppo africano (Ticad 9) si è conclusa con l’adozione della Dichiarazione di Yokohama, un documento che non solo delinea una visione di prosperità condivisa, ma segna anche un riposizionamento strategico del Giappone in un’Africa sempre più al centro delle dinamiche geopolitiche globali. Nel testo, l’impegno di Tokyo va oltre la semplice cooperazione allo sviluppo, offrendo un modello di partnership alternativo basato su tecnologia, sostenibilità e sviluppo del capitale umano.

Una partnership tecnologica e finanziaria

Al centro della dichiarazione vi è l’impegno a sostenere la crescita economica del continente attraverso l’uso di tecnologie avanzate giapponesi, come l’intelligenza artificiale e la robotica, mediate da collaborazioni pubblico-private. Questo approccio qualitativo è sostenuto da un imponente pacchetto finanziario: il Giappone fornirà 810 miliardi di yen (circa 5,5 miliardi di dollari) in aiuti infrastrutturali per il triennio 2026-2028. Tale finanziamento sarà canalizzato attraverso la sesta fase dell’accordo Enhanced Private Sector Assistance (Epsa6), in collaborazione con la Banca Africana di Sviluppo (AfDB), per sostenere il settore privato in aree cruciali come energia, connettività e sanità.

La vera distinzione della strategia giapponese, però, risiede nell’enfasi sulla sostenibilità e la trasparenza. Di fronte alle crescenti preoccupazioni per la “trappola del debito” legata ai massicci prestiti cinesi, la Dichiarazione di Yokohama menziona esplicitamente la necessità di “rafforzare la capacità di gestione del debito e di migliorarne la trasparenza”. Il Giappone si propone così come un partner che non solo finanzia, ma che costruisce capacità, tentando di evitare che le nazioni africane diventino eccessivamente dipendenti da un unico creditore.

Un impulso per l’integrazione regionale

Questa visione si estende alla connettività regionale. Con il lancio dell’Iniziativa per la Regione Economica dell’Oceano Indiano-Africa, Tokyo mira a creare una zona economica integrata e libera e a ridisegnare le mappe commerciali e logistiche del continente. L’Iniziativa, presentata dal Primo ministro giapponese, è un concetto innovativo che considera l’Africa orientale e l’Asia meridionale come un’unica e coesa zona economica. Inserita nella più ampia visione giapponese di un “Indo-Pacifico libero e aperto”, il progetto vuole creare una cintura di sviluppo economico libera ed equa. L’idea è quella di utilizzare l’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (Aps) non solo per finanziare progetti in Africa, ma anche per creare un ambiente favorevole in cui le aziende giapponesi possano sfruttare le loro basi produttive in India e Medio Oriente per esportare più agevolmente nel mercato africano. Questo approccio triangolare è pensato per rafforzare le catene di approvvigionamento, stimolare gli investimenti privati e contrastare le tendenze protezionistiche globali, offrendo all’Africa un accesso più strutturato ai mercati asiatici.

In questo contesto, lo sviluppo del Corridoio di Nacala è l’incarnazione pratica di questa grande visione. Si tratta di un corridoio logistico internazionale progettato per collegare i Paesi senza sbocco sul mare, come lo Zambia (secondo produttore di rame in Africa) e il Malawi, al porto mozambicano di Nacala, e quindi all’Oceano Indiano. Per il Giappone, la cui economia dipende fortemente dall’importazione di materie prime, assicurare una via di trasporto efficiente e stabile per le risorse minerarie africane è infatti una questione di sicurezza economica nazionale.

Il sostegno giapponese allo sviluppo del porto di Nacala, completato nel 2023, ha già portato a un aumento del volume di merci movimentate. L’impegno preso alla Ticad 9 è quello di accelerare ulteriormente lo sviluppo dell’intero corridoio, migliorando la connettività con le aree interne e promuovendo lo sviluppo industriale lungo il suo percorso. Questo non solo per facilitare l’esportazione di risorse, ma anche per sfruttare il potenziale agricolo e minerario della regione, creando posti di lavoro e stimolando uno sviluppo sostenibile.

A supporto di questa visione complessiva, il Giappone istituirà inoltre un comitato di rappresentanti dell’industria, del governo e del mondo accademico per sostenere l’Area di libero scambio continentale africana (AfCFTA), rafforzando un sistema commerciale multilaterale in un’era di crescente protezionismo.

Il soft power di Tokyo per un’alleanza umana con l’Africa

Durante la conferenza di tre giorni che ha radunato a Yokohama i leader di una cinquantina di Paesi del continente, il Primo ministro giapponese ha sottolineato la volontà di “unire le ricche risorse umane, la tecnologia e la saggezza del Giappone e delle nazioni africane per raggiungere una prosperità condivisa”. A tal fine, è stato annunciato un ambizioso programma per formare 300.000 persone nei prossimi tre anni, di cui 30.000 specializzate nel campo dell’intelligenza artificiale, per dare impulso all’innovazione guidata dai giovani e dalle donne.

Nel campo sociale, la cooperazione si estende al rafforzamento dei sistemi sanitari, con un focus sui vaccini, e al contributo giapponese nella riduzione del rischio di catastrofi attraverso l’uso di tecnologie satellitari. In un mondo in cui gli aiuti tradizionali da parte delle potenze occidentali sono in calo, l’approccio olistico del Giappone — che combina investimenti, tecnologia, sviluppo umano e legami culturali — rappresenta un tentativo deliberato di affermarsi come un partner indispensabile e affidabile per il futuro dell’Africa.

In linea con queste priorità, l’Agenzia Giapponese per la Cooperazione Internazionale (Jica) ha annunciato 160 milioni di dollari in obbligazioni a sostegno di infrastrutture, istruzione e innovazione in tutta l’Africa. È significativo che l’iniziativa inviti le aziende e le istituzioni finanziarie giapponesi a collaborare e investire nei Paesi africani per un reciproco vantaggio.

Un legame oltre la geopolitica

Oltre agli accordi economici e strategici, il Giappone cerca di coltivare legami più profondi, con un’iniziativa che vede la designazione di quattro governi locali giapponesi come “città natale” per altrettanti Paesi africani. L’iniziativa delle “città natali” (hometowns) è un programma strategico promosso dalla Jica con un duplice obiettivo: da un lato, sviluppare risorse umane che possano comprendere entrambe le culture e facilitare future collaborazioni economiche e sociali; dall’altro, integrare la vitalità africana — in un continente la cui popolazione è in rapida crescita — nelle comunità locali giapponesi, molte delle quali affrontano un calo demografico.

Il programma si basa su legami storici concreti e prevede scambi culturali, sportivi, tecnici ed educativi. Nello specifico, si prevede che la città di Nagai, nella prefettura di Yamagata, venga designata come “città natale” per la Tanzania, la città di Kisarazu, nella prefettura di Chiba, come “città natale” per la Nigeria, la città di Sanjo, nella prefettura di Niigata, come “città natale” per il Ghana e la città di Imabari, nella prefettura di Ehime, come “città natale” per il Mozambico.

Quest’ultimo legame assume inoltre una valenza più economica, con una collaborazione che si concentrerà sullo sviluppo delle infrastrutture portuali, la logistica e la formazione marittima. In effetti, le aziende di Imabari – uno dei centri più importanti del Giappone per l’industria navale e delle spedizioni – sono sicuramente interessate a investire e a partecipare allo sviluppo economico del Mozambico, dove proprio il porto di Nacala potrebbe fungere di porta d’accesso nell’ambito dell’annunciata “Iniziativa per la Regione Economica Oceano Indiano-Africa”.

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