di: Enrico Casale | 18 Dicembre 2025
Portare l’export italiano a quota 700 miliardi di euro entro il 2027 è una sfida ambiziosa che impone al Sistema Paese un cambio di passo. Le imprese devono confrontarsi con uno scenario globale sempre più complesso, segnato dalla guerra in Ucraina e dal conflitto in Medio Oriente, dalla concorrenza di economie fortemente sostenute dallo Stato come la Cina e dai dazi imposti dagli Stati Uniti. In questo contesto, la diversificazione dei mercati diventa una necessità strategica.
Accanto a Sudamerica, Medio Oriente, India e Canada, cresce l’attenzione verso l’Africa, un continente che inizia a offrire segnali concreti di opportunità per il Made in Italy. Nel 2024 l’export italiano verso l’Africa ha raggiunto i 20 miliardi di euro. A trainare le vendite sono stati soprattutto macchinari e apparecchi, che rappresentano il 22,4% del totale, seguiti da coke e prodotti petroliferi (16,7%), metalli di base e prodotti in metallo (10,3%), prodotti chimici (7,6%), apparecchi elettrici (7,6%) e tessile-abbigliamento (6,6%).
L’Italia guarda al continente africano non solo come a un mercato di sbocco, ma come a un partner con cui costruire relazioni economiche equilibrate e di lungo periodo. Non è un caso che nel corso del 2025 siano stati organizzati forum imprenditoriali a guida politica, come quello in Senegal, e missioni settoriali in Paesi chiave come Tanzania, Congo e Mozambico. I primi risultati iniziano a emergere: l’Algeria è oggi il primo fornitore energetico dell’Italia e, al tempo stesso, il quinto mercato di destinazione per l’export italiano nell’area Nordafrica-Medio Oriente. Il Sudafrica si conferma invece il principale mercato subsahariano, con un valore per le imprese italiane pari a 2,2 miliardi di euro.
Questa espansione, tuttavia, richiede un forte sostegno istituzionale. È in questa direzione che si colloca la riorganizzazione del ministero degli Affari esteri annunciata dal ministro Antonio Tajani che ne ha parlato alla Conferenza nazionale dell’export e dell’internazionalizzazione delle imprese che si è tenuta ieri a Milano nell’ambito della XVIII Conferenza Ambasciatrici e Ambasciatori d’Italia. “Dal 1° gennaio – ha spiegato – nel ministero opererà una testa economica equivalente a quella politica, con l’obiettivo di rendere il commercio internazionale e la diplomazia della crescita parti essenziali e inscindibili della politica estera italiana”. La riforma si concretizza nella nascita della Direzione generale per la Crescita, pensata come punto di riferimento operativo per gli imprenditori e come strumento di coordinamento delle sedi diplomatiche, chiamate ad agire come veri e propri trampolini di lancio per le aziende italiane all’estero. Secondo Tajani, l’obiettivo è chiaro: fare in modo che nessun imprenditore italiano attivo fuori dai confini nazionali si senta isolato o privo del supporto delle istituzioni.
A questo si affianca la creazione, a Firenze, del Centro di eccellenza italiano per la formazione multidisciplinare, ospitato nell’ex Istituto agronomico per l’Oltremare. Il Centro sarà dedicato al sostegno dell’internazionalizzazione, al rafforzamento della cooperazione allo sviluppo e alla formazione di manodopera qualificata, in collegamento con i progetti del Piano Mattei per l’Africa e con canali di migrazione regolare funzionali alle esigenze del sistema produttivo.
Il raggiungimento del traguardo dei 700 miliardi di export richiede uno sforzo corale. Matteo Zoppas, presidente dell’Ice, ha sottolineato come il sistema Paese disponga ancora di un potenziale inespresso stimato in 80 miliardi di euro e l’importanza di strumenti innovativi per mappare le opportunità residue. Per Zoppas, “fare sistema” e utilizzare la rete delle ambasciate come avamposti economici è ormai indispensabile in un contesto geopolitico frammentato.
Dal mondo industriale arriva un sostegno convinto. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha ribadito che il Made in Italy resta un valore riconosciuto a livello globale, ma ha sottolineato come la competitività dipenda dalla capacità di attrarre talenti, garantire investimenti e offrire condizioni stabili alla produzione. In questo equilibrio tra diplomazia economica, imprese e nuovi mercati, l’Africa si candida a diventare uno dei pilastri della strategia italiana per la crescita futura.
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