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Niger: il paradosso di un’economia ricca di risorse ma fragile

di: Celine Camoin | 6 Ottobre 2025

L’economia del Niger vive una contraddizione strutturale che riflette il cosiddetto “paradosso saheliano”: un Paese con un potenziale minerario straordinario, ma incapace di tradurre queste ricchezze in benessere diffuso. Nel contesto politico segnato dal colpo di Stato del 2023 e dalle sanzioni imposte dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Cedeao/Ecowas), l’economia nazionale si trova oggi sospesa tra fragilità interne, urgenze sociali e tentativi di ridefinizione geoeconomica. Su questo paradosso si sofferma un rapporto delle Ong locali Transparency International Niger e Associazione nigerina per la lotta alla corruzione, che fa un bilancio complessivo dei due anni di gestione da parte della giunta militare.

Le sanzioni della Cedeao introdotte dopo il golpe, hanno accentuato le debolezze strutturali, deplora il rapporto. Il blocco economico, in vigore tra agosto 2023 e febbraio 2024, ha generato perdite stimate in 150 milioni di dollari al mese, un’inflazione galoppante del 30% e penurie acute di medicinali e beni alimentari. La sospensione dei finanziamenti internazionali ha congelato progetti vitali, come la costruzione del grande bacino idroelettrico di Kandadji. Per contenere gli effetti del blocco, Niamey ha parzialmente riorientato gli scambi verso Algeria e Togo, attraverso i corridoi Lomé-Niamey e Tamanrasset-Agadez.

Nonostante sia il quinto produttore mondiale di uranio, con il 7% delle riserve globali, il settore contribuisce appena per il 5% al Prodotto Interno Lordo (Pil). Analogamente, le risorse petrolifere, con una produzione complessiva che sfiora i 110.000 barili al giorno, e quelle aurifere, seconda voce di esportazione del Paese, non compensano il peso di un’economia basata per il 40% su agricoltura e allevamento. Quest’ultimo settore impiega l’80% della popolazione, ma è estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici, come testimoniano le quattro grandi siccità registrate dal 2000. Il risultato è drammatico: il 44,1% dei cittadini vive sotto la soglia di povertà, in un contesto aggravato da un tasso di crescita demografica record, pari al 3,8% annuo.

Nel quadro delle riforme annunciate dalla giunta, la cosiddetta “Rifondazione”, sono emerse iniziative contraddittorie. Da un lato, la Carta mineraria impone maggiore trasparenza, obbligando alla pubblicazione dei contratti e prevedendo la creazione di un Fondo Sovrano destinato a sanità ed educazione. Dall’altro lato, deroghe controverse come l’ordinanza del 23 febbraio 2024 (2024-05), che concede esenzioni fiscali alle spese di sicurezza, hanno sollevato timori di nuovi episodi di corruzione e malversazioni. Anche la revisione di partenariati pubblico-privati, come il contratto con la Turchia per la centrale solare di Gorou Banda, può essere interpretata tanto come volontà di riequilibrio quanto come tentativo di cattura dello Stato da parte di élite politiche e militari.

I settori strategici, intanto, sono sottoposti a tensioni crescenti. L’energia resta fortemente dipendente dalle importazioni dalla Nigeria (70% del fabbisogno), mentre i progetti solari sono stati bloccati dalle sanzioni e il tasso di elettrificazione rurale si ferma al 15%. L’insicurezza dilagante nelle regioni di Tillabéri, Tahoua e Dosso limita l’accesso alle terre coltivabili, alimentando una crisi alimentare che interessa 1,2 milioni di persone. Nel settore delle telecomunicazioni, pur con una penetrazione mobile dell’84%, lo Stato ha introdotto un prelievo forzato di 10 franchi Cfa su ogni acquisto di credito telefonico per finanziare il Fondo Nazionale per la Salvaguardia della Patria, la cui gestione è priva di trasparenza.

Sul piano internazionale, il Niger sta operando un vero pivot geoeconomico. La Confederazione degli Stati del Sahel (Aes), che unisce Burkina Faso, Mali e Niger, lavora all’integrazione monetaria con l’obiettivo di abbandonare il Franco CFA, e all’apertura di un nuovo corridoio commerciale Niger-Ciad. Parallelamente, si rafforzano i legami con la Cina, attraverso la compagnia Cnpc per lo sfruttamento petrolifero, e con la Turchia per lo sviluppo infrastrutturale. Tuttavia, questi progetti si scontrano con la fragilità securitaria: il grande oleodotto costruito con capitali cinesi è regolarmente oggetto di sabotaggi e minacce da parte di gruppi armati.

Rimangono inoltre sfide strutturali pesanti. La governance economica è minata dall’opacità delle spese militari, che assorbono il 40% del bilancio 2024, e da una crescita del debito pubblico, ormai pari al 50% del Pil, con un incremento di otto punti dall’anno del golpe. Il Paese dipende per il 70% dalle importazioni alimentari, mentre il congelamento dell’aiuto europeo priva il bilancio di un sostegno essenziale. Nel frattempo, la demografia rappresenta una bomba sociale: metà della popolazione ha meno di 15 anni, una pressione enorme su servizi pubblici già insufficienti.

Il governo ha cercato di contenere la tensione sociale introducendo misure simboliche, come la riduzione del prezzo del carburante. Tuttavia, la politica economica resta schiacciata tra necessità immediate di sopravvivenza e riforme strutturali mai pienamente realizzate.

 

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