di: Giulia Filpi | 25 Giugno 2025
Il Marocco ha ottenuto dalla Turchia una serie di impegni concreti per riequilibrare gli scambi tra i due Paesi, da anni segnati da un forte squilibrio a favore di Ankara. La notizia arriva al termine della sesta sessione della commissione mista di monitoraggio dell’accordo di libero scambio, tenutasi questa settimana ad Ankara.
L’incontro, copresieduto dal segretario di Stato marocchino per il Commercio estero Omar Hejira e dal viceministro turco del Commercio Mustafa Tuzcu, ha segnato l’inizio di una nuova fase del partenariato. I due Paesi hanno infatti deciso di aggiornare l’accordo di libero scambio firmato nel 2006, puntando su nuovi obiettivi: produzione congiunta, investimenti, accesso preferenziale ai mercati e maggiore integrazione industriale.
Il Marocco, che negli ultimi anni ha visto crescere il proprio deficit commerciale, ha chiesto un maggiore equilibrio. Secondo i dati dell’Office des Changes, nei primi quattro mesi del 2025 il disavanzo ha superato i 108 miliardi di dirham, con la Turchia al terzo posto tra i Paesi con cui Rabat registra le perdite più alte. Solo nel commercio bilaterale con Ankara, il deficit è stimato attorno ai 3 miliardi di dollari, soprattutto per l’elevata importazione di tessili e abbigliamento turchi che mettono in difficoltà l’industria locale.
Già nel 2020, il Marocco aveva introdotto dazi doganali fino al 90% su alcuni prodotti turchi. Ora chiede di legare i vantaggi doganali concessi alla Turchia a precisi impegni di investimento, soprattutto nell’industria manifatturiera.
Rabat ha anche chiesto un miglior trattamento per i prodotti agricoli marocchini, spesso bloccati da barriere tecniche e commerciali in Turchia.
Per facilitare il dialogo, i due governi istituiranno una linea diretta tra i rispettivi ministeri del Commercio e organizzeranno entro un anno un forum economico bilaterale sugli investimenti.
Entrambi i Paesi si sono impegnati a rafforzare la cooperazione nel settore tessile, con l’obiettivo di sviluppare produzioni congiunte destinate all’export, sfruttando i punti di forza di ciascuno. La collaborazione potrebbe estendersi anche ad altri settori, come infrastrutture, consulenza tecnica e servizi.
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