di: Ernesto Sii | 8 Aprile 2025
Nel dibattito sulla transizione energetica africana, l’attenzione si concentra spesso su tecnologie e infrastrutture, ma un messaggio chiaro è emerso dalla conferenza Inaet a Nairobi: senza un’evoluzione profonda delle politiche e dei quadri regolatori, la svolta verde rischia di rimanere incompiuta. Interventi provenienti dal mondo accademico, dal settore privato e da istituzioni di regolazione energetica hanno messo in luce un punto essenziale: la transizione non è solo tecnica, è innanzitutto normativa.
Una regolazione più agile, inclusiva e strategica
Carol Awuor Ofafa, ricercatore della African School of Regulation, ha definito senza mezzi termini il ruolo della regolazione come “centrale per una transizione giusta e sostenibile”. La sfida, secondo Ofafa, è duplice: da un lato, rendere i quadri regolatori africani più agili, reattivi e inclusivi, dall’altro spostare il ruolo dei regolatori da meri esecutori a facilitatori dell’innovazione e della giustizia energetica. “Non si tratta solo di decarbonizzare — ha ricordato — ma di costruire sistemi energetici che non lascino nessuno indietro”.
A dimostrazione della forza trasformativa della regolazione ben progettata, il caso del Kenya e del bando della plastica è stato portato ad esempio da Akshay Shah, direttore di Silafrica e imprenditore del settore manifatturiero attivo in vari Paesi del continente. L’introduzione della circular economy nel Paese è stata il risultato di una collaborazione precoce e strutturata tra governo e settore privato. “Non si è trattato di imporre un regolamento dall’alto — ha spiegato — ma di co-sviluppare una roadmap condivisa, con traguardi a breve, medio e lungo termine, che desse certezza agli investitori”.
Questo approccio ha permesso al Kenya di passare da un modello repressivo (il semplice bando della plastica) a uno produttivo, in cui i rifiuti diventano materia prima e fonte di energia. La lezione è chiara: quando la normativa è costruita con il coinvolgimento attivo del settore privato, il rispetto delle regole diventa una forma di leadership, non un’imposizione.
Regionalizzare le regole, non solo i mercati
Ma il nodo regolatorio non riguarda solo la dimensione nazionale. Elvis Avenyo, ricercatore presso l’Università di Johannesburg, ha richiamato l’urgenza di una integrazione normativa su scala regionale. “Abbiamo fallito nel cogliere le precedenti ondate di industrializzazione — ha spiegato — perché abbiamo sempre affrontato le trasformazioni in modo frammentato”. Per costruire catene del valore verdi e resilienti, è fondamentale armonizzare le politiche, evitare duplicazioni legislative tra Paesi vicini e massimizzare le economie di scala.
La transizione energetica può diventare la leva per un’industrializzazione africana finalmente condivisa, ma questo richiede quadri regolatori comuni, strumenti finanziari coordinati e governance integrata. Non a caso, l’Agenda 2063 dell’Unione Africana e il Continental Power System Master Plan insistono proprio sulla regionalizzazione delle politiche.
Un ulteriore aspetto sottolineato da più interventi è l’importanza di normative che favoriscano la “beneficiation” ovvero la trasformazione locale delle risorse minerarie critiche, invece dell’export a basso valore aggiunto. Paesi come Repubblica democratica del Congo, Zimbabwe o Sudafrica possiedono abbondanti riserve di litio, cobalto e terre rare, indispensabili per le tecnologie verdi. Ma, in assenza di leggi che promuovano filiere locali, il valore continua a essere estratto altrove. Una regolazione intelligente e strategica può invertire questa dinamica.
Il messaggio emerso dal panel è dunque chiaro: la transizione energetica non è solo una questione di watt e megawatt, ma una trasformazione profonda che richiede una nuova architettura normativa. Dalle politiche fiscali agli schemi autorizzativi, dalla definizione dei ruoli dei regolatori al coinvolgimento strutturale del settore privato, tutto deve essere ripensato.
“Per inquadrare il futuro dell’energia dobbiamo cambiare le cornici con cui lo guardiamo”, ha detto Ofafa. E questo significa costruire regole nuove, non solo adattare quelle vecchie. Regole che permettano all’Africa non solo di partecipare alla transizione globale, ma di guidarla secondo le proprie priorità.
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