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Etiopia: il caffè al centro, un patto per trasformare la filiera

di: Ernesto Sii | 28 Luglio 2025

(dai nostri inviati ad Addis Abeba) – Non è solo una bevanda, ma un universo di cultura, economia e vita per milioni di persone. Il caffè è stato il protagonista indiscusso di un dibattito di alto livello tenutosi il 27 luglio 2025 presso il Museo della Scienza di Addis Abeba, un evento speciale a margine del Vertice Onu sui Sistemi alimentari (UNFSS+4). Intitolato “Advancing the Transformation of the Coffee Value Chain”, il panel ha riunito governi, organizzazioni internazionali e settore privato per tracciare una nuova rotta per una delle materie prime più strategiche al mondo. Organizzato dai governi di Etiopia e Italia, in collaborazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (Unido), l’Organizzazione Internazionale del Caffè (Ico) e l’Organizzazione Interafricana del Caffè (Iaco), l’incontro ha messo a nudo le sfide e le enormi potenzialità di una filiera che sostiene oltre 12,5 milioni di aziende agricole a livello globale, ma che è al contempo minacciata da cambiamento climatico, volatilità dei prezzi e pressioni normative che mettono a rischio la sussistenza di milioni di piccoli agricoltori.

Ad aprire i lavori è stato Girma Amente, ministro dell’Agricoltura e delle Risorse Naturali dell’Etiopia, che ha rivendicato con orgoglio il ruolo del suo Paese, culla del caffè Arabica, nel panorama globale. “Il caffè è profondamente radicato nella nostra cultura, nella nostra storia e nella nostra economia”, ha esordito il ministro. “L’Etiopia abbraccia pienamente la decisione dell’Unione Africana di designare il caffè tra le materie prime strategiche del continente ed è impegnata a trasformare questa visione in progressi tangibili, specialmente per le donne e le ragazze che contribuiscono in modo così determinante”. Amente ha poi illustrato i risultati concreti della strategia nazionale quindicennale per il caffè, un piano con obiettivi chiari e misurabili che ha già dato frutti notevoli. “La produzione di caffè ha mostrato una crescita spettacolare, con un volume raddoppiato da 500.000 a 1,2 milioni di tonnellate metriche negli ultimi sei anni”. Un successo trainato dal miglioramento delle pratiche agronomiche, che ha portato la produttività da 0,6 a 0,9 tonnellate per ettaro, e da riforme che hanno semplificato l’export. “Oggi più di 2000 agricoltori etiopi hanno accesso diretto ai mercati internazionali, potendo vendere il loro prodotto a prezzi premium”. Un progresso sostenuto anche dall’iniziativa “Green Legacy”, che ha visto la piantumazione di oltre 8,5 milioni di piante di caffè, contribuendo all’aumento della produzione e alla resilienza climatica.

Subito dopo, l’intervento di Stefano Gatti, direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo del ministero degli Affari Esteri italiano, ha sottolineato la profonda connessione culturale che lega Italia ed Etiopia attraverso il rito del caffè. “Non è solo una questione di business, è una questione di cultura”, ha affermato Gatti. Ha poi messo in chiaro l’obiettivo del panel: “Sappiamo tutti che non si può sconfiggere la fame con il caffè. Ma sappiamo che possiamo fare progressi nella sicurezza alimentare rafforzando la filiera del caffè“. Un intervento in questa catena del valore, ha spiegato, può risollevare il tenore di vita di decine di milioni di famiglie che oggi vivono al di sotto della soglia di povertà. Gatti ha lanciato una sfida: “Anche se il caffè è originario dell’Africa, solo il 20% viene prodotto qui. Dobbiamo aumentare la produzione e il valore aggiunto nella filiera”. Ha quindi ribadito l’impegno concreto dell’Italia, annunciando un passo storico: “Stiamo mobilitando il nostro Fondo per il Clima. Abbiamo approvato i primi due piani nazionali di resilienza del caffè, e i primi due sono stati per l’Etiopia e per un altro Paese. Entrambi i programmi sono finanziati per oltre 100 milioni di euro ciascuno”. Un finanziamento sostanziale che permetterà di rafforzare la crescita e la resilienza del sistema caffè, in un’alleanza strategica tra i due Paesi, visibilmente rappresentata dalla sala gremita. “Qualcuno aveva suggerito 100 sedie, altri 200. Per qualche folle ragione, ho suggerito 400 ed abbiamo gente in piedi”, ha chiosato Gatti, indicando la straordinaria partecipazione come simbolo della “stretta di mano tra Italia ed Etiopia”.

A portare la visione delle Nazioni Unite è stata la vicesegretaria generale Amina J. Mohammed, che ha inquadrato il caffè come una leva per la trasformazione dei sistemi alimentari globali. “Qui abbiamo un prodotto agricolo da cui dipendono così tante persone”, ha detto. “Essere in grado di far leva su questa economia per migliorare i mezzi di sussistenza, creare posti di lavoro dignitosi, ma anche per espandere la protezione sociale, è fondamentale”. La rappresentante dell’Onu ha riconosciuto la leadership dell’Etiopia non solo come culla dell’Arabica, ma anche nel promuovere l’innovazione lungo tutta la catena del valore, dalla produzione al mercato. “Il caffè racchiude in una tazzina molto di ciò di cui stiamo discutendo al vertice: è una commodity globale coltivata da piccoli produttori, profondamente modellata dalle politiche commerciali, dalla volatilità del mercato e dalla fragilità ambientale, e dove trasformazioni a livello di settore possono costruire equità e resilienza”. La vicesegretaria ha però anche evidenziato le barriere sistemiche da abbattere: l’accesso al credito, al capitale, alla tecnologia e ai mercati, e soprattutto la necessità di affrontare le disuguaglianze di genere. “Ovunque sia stata nella mia visita oggi, sono state le donne a essere alla base di tutto questo. Dobbiamo assicurarci che anche loro abbiano accesso a quei mercati, all’intera catena del valore”. Infine, un appello a scommettere sulle nuove generazioni: “Questa è la loro era. I giovani capiscono la tecnologia. Assicuriamoci che non siano solo una casella da spuntare, ma che siano parte integrante di come progettiamo e portiamo avanti questa trasformazione”.

Il keynote speech di Andrea Illy, presidente di illycaffè, ha offerto una prospettiva lucida e appassionata, partendo da un paradosso. “Negli ultimi due decenni, i Paesi consumatori hanno vissuto un cambiamento incredibilmente positivo. Il caffè è passato da bevanda funzionale a un’esperienza di gusto, ed è provato che faccia bene alla salute”, ha spiegato. “Vorrei che anche i Paesi produttori potessero vivere un’esperienza altrettanto positiva, ma non ci siamo ancora”. Illy ha dipinto un quadro crudo della realtà dei coltivatori: un’attività dominata da 12,5 milioni di piccoli agricoltori, metà dei quali vive sotto la soglia di povertà, ricevendo in alcuni casi meno del 5% del valore finale del prodotto. A questo si aggiungono gli impatti sempre più violenti del cambiamento climatico e la volatilità economica alimentata dalla speculazione finanziaria, un circolo vizioso che aggrava la povertà. La parola d’ordine, per Illy, è “resilienza”. E le soluzioni, ha sottolineato, esistono già. “L’agricoltura rigenerativa è diventata la pratica leader per il caffè, funziona meravigliosamente per l’adattamento e la mitigazione, e migliora drasticamente la qualità in tazza. L’irrigazione aumenta la produttività del 60% con un ritorno dell’investimento in due-tre anni. Ci sono nuove varietà resilienti e nuove aree coltivabili”. Ciò che manca sono gli investimenti. “Dobbiamo rinnovare queste piantagioni. Servono almeno 1.000 dollari per ettaro. Con oltre 10 milioni di ettari nel mondo, servirebbero dieci miliardi di dollari in dieci anni. Non si sono mai visti investimenti simili”.

A questo proposito, ha ricordato la partnership pubblico-privata lanciata dal G7 sotto presidenza italiana per mobilitare finanza d’impatto. Ma l’investimento da solo non basta. Serve un cambio di paradigma: “In passato c’erano due blocchi, Paesi produttori e Paesi consumatori, quasi antagonisti. Non è questa la via da seguire. Abbiamo un solo mercato, un solo consumatore, un solo caffè. Dobbiamo cambiare il modo in cui lavoriamo”. Ringraziando il governo italiano per la sua leadership, Illy ha concluso con un auspicio: “Se avremo successo, l’Africa potrà spianare la strada per gli altri Paesi produttori in quello che mi piace chiamare il nuovo rinascimento del caffè”.

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Vuoi sapere di più della catena di valore del caffè? Leggi il focus dedicato alla filiera da Africa e Affari.

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