di: Valentina Milani | 7 Novembre 2025
L’energia come chiave del co-sviluppo tra Italia e Africa: è questo uno dei punti chiave su cui si è basato ieri il confronto durante la quinta edizione del Forum Africa Green Growth, ospitato alla fiera Ecomondo di Rimini e dedicato al tema “Il Piano Mattei: dialogo tra istituzioni e settore privato per lo sviluppo sostenibile dell’Africa” (The Mattei Plan: dialogue between institutions and the private sector for Africa’s sustainable development). Un dialogo che ha riunito rappresentanti delle istituzioni italiane, delle banche multilaterali e del settore privato, tutti impegnati a delineare una strategia di sviluppo fondata su partenariato, energia e investimenti condivisi.
“L’energia è uno dei sei pilastri del Piano Mattei, perché senza energia non c’è impresa, e senza impresa non c’è sviluppo”, ha ricordato Fabio Massimo Ballerini, direttore della Task Force Piano Mattei, richiamando le parole di Enrico Mattei. L’Italia, ha spiegato, è impegnata fin da gennaio 2024 nell’iniziativa Mission 300 della Banca Mondiale, che punta a garantire accesso all’elettricità a 300-500 milioni di africani entro il 2030. “Il Comitato tecnico del Piano ha già deliberato circa 200 milioni di euro per progetti energetici, e la pipeline complessiva supera i 500 milioni”, ha aggiunto Ballerini, ribadendo che l’obiettivo non è solo costruire infrastrutture, ma creare le condizioni per una crescita duratura e inclusiva.
A fargli eco Fabrizio Lobasso, ministro plenipotenziario Direzione generale per la promozione del Sistema Paese – ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, che ha posto l’accento sulla “diplomazia ibrida”, un modello che integra attori istituzionali, privati e della società civile. “Il Piano Mattei è una guida, ma dietro ci sono molte mani che lavorano — ha osservato —. Le missioni di sistema hanno dimostrato di funzionare perché uniscono diplomazia economica, partenariato e conoscenza diretta dei territori africani”. Sulla stessa linea, Lobasso ha sottolineato la necessità di costruire un dialogo “paritario e di reciproca convenienza”, richiamando la leadership italiana in Europa nel riciclo e nell’economia circolare, settori dove la cooperazione con l’Africa può produrre benefici concreti per entrambe le parti.
Dal canto suo, Giulia Pinna, responsabile del coinvolgimento degli stakeholder presso la Direzione generale per gli affari europei, internazionali e della finanza sostenibile – ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, ha ricordato il contributo italiano agli strumenti multilaterali di sostegno alla transizione verde. “Il nostro ministero partecipa a Mission 300 e contribuisce con 20 milioni di euro all’Energy Sector Management Assistance Program e con 40 milioni al Clean Energy Access Program”, ha spiegato. Tra le nuove iniziative, Pinna ha presentato Triden (Digital Demand Driven Electricity Network), un programma che promuove la digitalizzazione delle reti elettriche nei Paesi in via di sviluppo. “Collaborazione istituzionale e partenariato pubblico-privato — ha aggiunto — sono essenziali per accelerare la transizione energetica in Africa”.
A fargli eco Davinah Milenge Uwella, dell’African Development Bank (AfDB), che ha sottolineato come il Piano Mattei e Mission 300 rappresentino un cambio di paradigma rispetto alla cooperazione tradizionale. “Stiamo passando da un approccio dall’alto verso il basso a un modello paritario, in cui i Paesi africani sono co-protagonisti della loro transizione energetica”, ha spiegato, indicando l’Africa come laboratorio per una “climate economy” capace di creare lavoro e valore locale. L’energia, ha ribadito, “non è un lusso, ma la base per dignità, innovazione e sviluppo”. L’AfDB, insieme alla Banca Mondiale e all’Italia, mira a mobilitare capitali pubblici e privati per rendere sostenibili gli investimenti in settori chiave come le rinnovabili, le infrastrutture e la digitalizzazione.
Gustave Aboua, direttore generale dell’Ambiente presso il ministero competente per l’ambiente della Costa d’Avorio (Minedd), ha portato la prospettiva africana, descrivendo il suo Paese come “un partner stabile e affidabile, con istituzioni forti e garanzie per gli investitori”. Ha elogiato la collaborazione con l’Italia e con Eni, definendola “un modello di partenariato win-win”, e ha rilanciato l’invito a sostenere la transizione energetica ivoriana, che punta al 46% di rinnovabili entro il 2035. “Il Piano Mattei — ha sottolineato — ha rafforzato le relazioni bilaterali e dimostra che sviluppo sostenibile e crescita economica possono procedere insieme”.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è mossa Angela Giordano, Confindustria Assafrica & Mediterraneo, che ha ricordato come “l’Africa non sia più un continente distante o riservato ai grandi gruppi, ma un mercato sempre più accessibile anche per le piccole e medie imprese italiane”. L’industria, ha aggiunto, può essere un vettore di cooperazione alla pari, capace di coniugare know-how italiano e bisogni locali.
Carlo Cecchetti, di RES4Africa, ha individuato tre pilastri dell’elettrificazione sostenibile: “accesso universale all’energia, infrastrutture moderne e industrializzazione verde”. E ha rimarcato il ruolo della digitalizzazione e delle Smart Grid “per rendere le reti affidabili, resilienti e adatte a sostenere la crescita delle economie africane”.
Sul versante finanziario, Giorgio Massotti, di Cassa depositi e prestiti (Cdp), ha ricordato che nel 2024 l’istituto ha mobilitato oltre 1 miliardo di euro per progetti nei Paesi emergenti e punta a raggiungere 5 miliardi nel triennio 2025-2027. Ha richiamato il Fondo italiano per il clima — oltre 4 miliardi di euro, di cui tre destinati all’Africa — come strumento chiave per finanziare progetti di mitigazione e adattamento climatico. “Cdp adotta un approccio ‘Project First’, partendo dai bisogni dei territori per individuare la combinazione più efficace di strumenti finanziari”, ha spiegato, sottolineando l’importanza del matchmaking tra imprese italiane e partner africani.
Ad ampliare il quadro è intervenuta Francesca Alicata, di Simest, che ha presentato lo strumento “Potenziamento mercati africani”, un finanziamento agevolato di sei anni con tasso intorno allo 0,3%, senza garanzie e senza impatto sulla centrale rischi. “Sosteniamo le aziende che vogliono crescere in Africa, facilitando la transizione ecologica, la formazione del personale e l’ammodernamento produttivo”, ha detto, ricordando l’espansione di Simest in Marocco ed Egitto.
A fargli eco, Paola Valerio, di Sace, che ha sottolineato il ruolo dell’agenzia come “moltiplicatore di risorse”, in grado di agevolare l’export e gli investimenti grazie alla garanzia dello Stato. Con un’esposizione di 15 miliardi di euro nel continente, Sace è oggi una delle principali agenzie di credito europee attive in Africa. “Oltre alle garanzie tradizionali — ha spiegato —, utilizziamo strumenti innovativi come i finanziamenti ‘untied’ e programmi di business matching per integrare le filiere italiane nei grandi progetti infrastrutturali africani”.
A concludere il panel è stato Roberto Rando, della European Investment Bank (Bei), che ha definito l’istituto “la Banca per il Clima d’Europa”. “Circa il 60% dei nostri investimenti extra-Ue è destinato alla finanza verde, con una quota rilevante in Africa”, ha spiegato. La Bei, nell’ambito del Global Gateway, opera attraverso piattaforme come l’Africa Investment Platform, combinando prestiti, garanzie e assistenza tecnica per ridurre i rischi dei progetti.
L’incontro di Rimini ha mostrato come l’Africa stia diventando uno snodo centrale nelle politiche italiane di cooperazione economica, con l’energia al cuore delle strategie di sviluppo condiviso. Il Piano Mattei si configura come un quadro operativo in evoluzione, che mira a intrecciare diplomazia, finanza e impresa in una logica di partenariato paritario. Resta però aperta la sfida più complessa: trasformare gli annunci e le intese in progetti concreti e misurabili, capaci di produrre benefici duraturi per le comunità africane e per il sistema economico italiano.
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