di: Valentina Milani | 5 Agosto 2025
Il ministro egiziano delle Risorse idriche e dell’Irrigazione, Hani Sewilam, ha lanciato un nuovo avvertimento all’Etiopia, denunciando le continue azioni unilaterali nella gestione della Grand Ethiopian Renaissance Dam (Gerd), che secondo Il Cairo rappresentano “una minaccia diretta alla sicurezza idrica dell’Egitto”. Lo ha dichiarato in un’intervista telefonica trasmessa nel fine settimana nel programma televisivo Ala Massoulity (Sotto la mia responsabilità), riportata dai media locali.
Il ministro ha ribadito che l’Egitto sta monitorando da vicino l’evolversi della situazione e ha esortato Addis Abeba a rispettare il diritto internazionale e a riconoscere i diritti idrici egiziani. Le relazioni con i Paesi del bacino meridionale del Nilo, come Tanzania, Congo e Sud Sudan, sono definite “buone”, mentre quelle con l’Etiopia restano tese.
Sewilam ha ricordato che l’Egitto affronta una condizione strutturale di scarsità d’acqua, con una disponibilità annua pro capite di circa 500 metri cubi, ben al di sotto della soglia internazionale di povertà idrica fissata a 1.000 metri cubi. Ha tuttavia escluso l’esistenza di una crisi idrica, sottolineando gli ingenti investimenti in progetti per il trattamento e il riciclo dell’acqua. Il volume d’acqua riciclata è passato da 21 miliardi di metri cubi due anni fa a 26 miliardi attesi nei prossimi mesi, con l’obiettivo di sostenere l’agricoltura anche in aree desertiche.
Il ministro ha evidenziato anche il ruolo strategico della diga di Assuan nella protezione dalle inondazioni, confermando che i livelli di piena del Nilo di quest’anno sono stati superiori alla media. Ha inoltre illustrato l’uso di modelli matematici e tecnologie moderne per il monitoraggio delle precipitazioni nei Paesi del bacino e per migliorare la distribuzione dell’acqua.
Il riempimento della diga etiope, iniziato nel 2020 in assenza di un accordo tripartito con Egitto e Sudan, è stato ripetutamente condannato dal Cairo. Dopo il fallimento di diversi round negoziali, l’Egitto ha sospeso i colloqui a dicembre 2023, accusando Addis Abeba di “evasività e procrastinazione”. Le autorità egiziane chiedono un accordo giuridicamente vincolante che garantisca il rispetto della loro quota d’acqua, definendo il progetto “illegale” in quanto non conforme al diritto internazionale. Il governo egiziano ha infine espresso preoccupazione anche per la stabilità strutturale della diga, evocando i rischi di un eventuale crollo per Sudan ed Egitto.
Preoccupazioni e rivendicazioni che seguono il recente annuncio, pubblicato anche su X dall’ufficio del Primo ministro etiope, circa il fatto che la Gerd è ormai completata e sarà inaugurata a settembre. “Ci stiamo preparando all’inaugurazione ufficiale. A chi pensa di ostacolare questo momento, ribadiamo il nostro impegno: la diga sarà inaugurata – si legge nel comunicato -. Ai nostri vicini a valle, Egitto e Sudan, inviamo un messaggio chiaro: la Gerd non è una minaccia, ma un’opportunità condivisa. È un simbolo di cooperazione regionale e beneficio reciproco”, si legge nel post di inizio luglio.
La Gerd è il più grande progetto idroelettrico del continente africano, costruito sul Nilo Azzurro nella regione di Benishangul-Gumuz, a circa 30 chilometri dal confine con il Sudan. Iniziata nel 2011, la diga ha suscitato forti tensioni geopolitiche tra l’Etiopia e i Paesi a valle, in particolare Egitto e Sudan, che temono impatti negativi sui propri approvvigionamenti idrici. I negoziati trilaterali sul riempimento e la gestione della diga sono stati più volte interrotti e restano al centro del dibattito regionale.
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