di: Andrea Spinelli Barrile | 18 Dicembre 2025
La Repubblica centrafricana (Rca) avrebbe adottato schemi poco trasparenti di criptovaluta che aumentano il rischio che i beni dello Stato vengano sottratti da organizzazioni criminali straniere. Lo rivela un rapporto pubblicato ieri dalla Global initiative against transnational organized crime (Gi-Toc).
Nel rapporto si rivela che la natura opaca di questi schemi ha favorito una ristretta cerchia di addetti ai lavori e organizzazioni criminali transnazionali alla ricerca di modi per riciclare denaro: “Il regime della Repubblica centrafricana sta di fatto cedendo la sovranità del Paese a spese della popolazione in generale” spiega il rapporto della rete svizzera. Il rapporto del Gi-Toc si concentra su due iniziative che, a suo dire, mancano di trasparenza e di misure di salvaguardia contro il riciclaggio di denaro.
Nel 2022, la Repubblica centrafricana è diventata il primo Paese africano e la seconda nazione al mondo (dopo El Salvador) ad adottare il Bitcoin come valuta ufficiale. Secondo il presidente centrafricano Faustin Archange Touadéra, ex-docente universitario di matematica che sin dal suo insediamento, nel 2016, promuove le criptovalute, il passaggio alle valute digitali porterà prosperità, raccogliendo fondi da fonti non tradizionali per finanziare infrastrutture e altri progetti.
Nel 2023 l’Assemblea nazionale della Rca ha approvato un disegno di legge sulla “tokenizzazione” delle risorse naturali, il cosiddetto Sango coin, che consente di vendere online i titoli digitali di proprietà dei terreni. Per le autorità, l’obiettivo è quello di valorizzare le risorse del Paese e facilitarne lo sfruttamento, combattendo al contempo la corruzione.
Tuttavia, gli incentivi proposti sono stati dichiarati illegali dalla Corte costituzionale nell’agosto 2022, subito dopo il lancio dell’iniziativa, e il progetto è fallito, vendendo solo il 10% dei 210 milioni di token previsti in un anno, per un valore inferiore a 2 milioni di euro secondo Gi-Toc. Ad aprile, il progetto Sango ha fatto sapere che non sarebbe proseguito nella sua forma attuale e che era stata pianificata una “nuova direzione” ma non sono mai stati dati dettagli. Lo stato dei fondi investiti nel progetto non è mai stato rivelato.
A febbraio, infine, è stato lo stesso Touadera ad annunciare il lancio dei primi memecoin centrafricani, chiamati $Car, “un esperimento progettato per dimostrare come qualcosa di semplice come un meme possa unire le persone, sostenere lo sviluppo nazionale e collocare la Repubblica centrafricana sulla scena mondiale”. Poche ore dopo il lancio infatti la scommessa di Touadera sembrava già vinta: in poche ore il token ha raggiunto una capitalizzazione di 530 milioni di dollari, spinto da un’intensa speculazione sulla piattaforma Pump.fun. Un’euforia durata davvero poco: in meno di un giorno il valore del memecoin è crollato dell’85% e la sua capitalizzazione è scesa a circa 38 milioni di dollari ieri mattina. Il prezzo del token, che aveva brevemente sfiorato i 0,9 dollari, è sceso abbondantemente sotto i 0,03 dollari. Un’iniziativa, questa della $Car, che pone importanti interrogativi sulla strategia del Paese in materia di criptovalute e, in generale, sulla credibilità attuale di questa tecnologia. Da allora, la memecoin $Car è stata utilizzata per acquistare terreni tokenizzati, ma non vi è alcuna indicazione di come tali vendite abbiano contribuito al bilancio nazionale.
Secondo il Gi-Toc il piano del governo centrafricano di estendere il programma alle concessioni minerarie, praticamente senza alcuna verifica dell’identità o altre misure di salvaguardia contro il riciclaggio di denaro, potrebbe potenzialmente mettere all’asta riserve di diamanti, oro e petrolio a criminali transnazionali.
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