di: Enrico Casale | 13 Novembre 2025
Il Piano Mattei si è trasformato da iniziale ipotesi di un programma di finanziamento per l’Africa, simile a una cooperazione estesa ai privati, in un complesso ecosistema strategico che ridefinisce la politica estera italiana e il suo rapporto con il continente africano. Questa è l’analisi emersa dall’incontro “Piano Mattei: istruzioni per l’uso”, tenutosi a Milano, che ha voluto fare il punto sullo stato dell’arte dell’iniziativa a due anni dalla sua formulazione.
Un cambio di narrazione sull’Africa
Massimo Zaurrini, direttore responsabile di InfoAfrica e Africa e Affari, ha chiarito che il piano non è più un semplice strumento di finanziamento, ma una strategia che crea le condizioni affinché imprese, istituzioni e governi possano collaborare con il continente in un’ottica di partnership. Un risultato concreto, sebbene il progetto sia ancora in piena costruzione, è il marcato cambio di narrazione sull’Africa in Italia. Zaurrini ha osservato come l’interesse sia cresciuto esponenzialmente, portando il continente al centro del dibattito economico e politico nazionale. L’approccio originario, legato alla retorica dell’“aiutiamoli a casa loro” come risposta ai flussi migratori, si è nettamente evoluto. Oggi il tema immigrazione è quasi scomparso dai discorsi ufficiali, con il focus spostato sulla cooperazione economica, gli investimenti e lo sviluppo di competenze reciproche.
Secondo il direttore di Africa e Affari, la vera novità è che il Piano Mattei ha restituito all’Italia una politica estera coerente dopo decenni di assenza, posizionando la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni come un “ponte tra Nord e Sud del mondo”, interlocutrice riconosciuta sia a Bruxelles sia dai governi africani. Nonostante la differenza di fondi rispetto al Global Gateway europeo, il Piano Mattei si è mosso più rapidamente, superando la fase teorica e intercettando risorse europee attraverso i suoi canali operativi. Zaurrini ha concluso che “da scatola vuota il Piano Mattei sta diventando una strategia concreta”, con 14 Paesi coinvolti e una rete di strumenti finanziari che lavorano in sinergia, rappresentando il primo vero tentativo, dopo trent’anni, di costruire una politica estera italiana coesa verso l’Africa.
Gli strumenti finanziari al servizio delle imprese
Tra questi strumenti, “Misura Africa”, gestita da Simest, società del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), è stata lodata da Federica Ingrosso come “uno dei più efficaci”. Il fondo, da 200 milioni di euro annui, sostiene progetti di esportazione e investimenti produttivi, offrendo anche una componente di finanza agevolata. “È uno strumento win-win che, oltre ad aiutare le imprese italiane, favorisce la crescita dei Paesi africani, puntando sulla formazione e sullo sviluppo delle competenze locali”, ha spiegato Ingrosso.
L’impegno crescente del Sistema Italia sul continente è confermato anche dai dati di Sace, il cui gruppo assicurativo-finanziario ha visto la propria esposizione verso l’Africa crescere da 1,3 a quasi 14 miliardi di euro nell’ultimo decennio. Simona Vultaggio di Sace ha precisato che, con il Piano Mattei, sono stati superati i 3 miliardi di garanzie a supporto di circa 18 miliardi di progetti. L’80% riguarda l’export credit, mentre il resto è dedicato alla push strategy, un approccio di diplomazia economica che aiuta grandi acquirenti africani a stabilire relazioni commerciali con fornitori italiani, creando opportunità anche per le piccole e medie imprese.
Dal canto suo, Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) lavora su progetti di taglio medio-alto, finanziando governi e imprese locali o italiane. Francesco Masera ha spiegato che l’istituzione, dal 2019, ha mobilitato oltre quattro miliardi di euro verso i Paesi partner, di cui più della metà in Africa, evidenziando il ruolo centrale del continente per la cooperazione italiana. La collaborazione tra Cdp, Simest, Sace e Aics (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), nel quadro del Piano Mattei, mira a costruire relazioni economiche paritarie: “Non è più un aiuto, ma un’opportunità reciproca di crescita”.
L’Africa come interlocutore economico, non beneficiario
L’Africa non è il continente del bisogno, ma un partner con cui costruire sviluppo, ha ribadito Rita Ricciardi, consulente finanziaria con esperienza in Kenya. L’approccio è cambiato: le imprese italiane non hanno più di fronte un beneficiario, ma un interlocutore economico di pari livello, con il ministero degli Esteri e Aics (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo) che iniziano a sostenere l’imprenditoria locale, oltre alla cooperazione tradizionale. L’imprenditrice ha però indicato una criticità: la necessità per Sace di ridurre i tempi di risposta, dato che “l’Africa si muove veloce, l’Italia deve imparare a fare lo stesso” per non perdere competitività.
Energia, salute e agricoltura per lo sviluppo condiviso
L’approccio basato sulla competenza e la sostenibilità si riflette in settori chiave. La cooperazione energetica è rappresentata dal successo del Centro panafricano per le energie rinnovabili in Marocco, un progetto di formazione promosso con Rs4Africa e l’Università Mohammed VI, che rientra pienamente nello spirito del Piano Mattei e del Global Gateway europeo: non si parla di aiuti, ma di creazione di competenze e posti di lavoro dignitosi. Anche la salute è vista come un fattore di sviluppo economico. Marta Sachy di Amref Health Africa, la più grande organizzazione sanitaria africana, ha sottolineato che il Piano Mattei può funzionare solo se è realmente condiviso con gli africani e se adotta un approccio integrato (One Health), mettendo insieme istituzioni, imprese e società civile.
Un attore cruciale nell’interazione con l’Italia è l’Undp (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), il cui nuovo centro a Roma funge da “ministero di sviluppo economico delle Nazioni Unite” a servizio delle imprese italiane. Duccio Denti, responsabile dell’ufficio, ha illustrato la sua missione di acceleratore per il Piano Mattei, facilitando l’accesso delle aziende al procurement Onu su tutta la value chain infrastrutturale. Un altro elemento chiave della competitività è la corretta gestione dell’origine doganale preferenziale della merce, come spiegato dal dottore commercialista Giuseppe Del Bene. Saper gestire l’attribuzione dell’origine è fondamentale, poiché quasi tutti i Paesi inclusi nel Piano Mattei godono di accordi con l’Unione Europea che permettono di pagare dazi ridotti o azzerati, con un diretto “vantaggio commerciale”.
Infine, l’agricoltura è un settore strategico per la sicurezza alimentare e la scarsità idrica. Damiano Pitruzzella del Ciheam, istituto agronomico di Bari, ha illustrato il ruolo dell’istituto nell’incrementare la produttività “verde” e nel creare centri di trasferimento tecnologico, come il progetto Tanit in Tunisia, considerata la “porta dell’Africa”, un trampolino per il matching tra aziende italiane e altri Paesi del continente.
L’Africa non è più un orizzonte lontano, ma un continente attrattivo, e il nuovo approccio del Piano Mattei sta spingendo le aziende italiane a superare vecchi stereotipi e a costruire relazioni economiche paritarie. L’Italia ha una porta d’accesso privilegiata, ma continuare a dialogare con il continente con strumenti concreti, visione strategica e fiducia nel futuro comune.
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