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Africa: debito estero, la maledizione che ritorna

di: Enrico Casale | 19 Febbraio 2025

Il debito estero dei Paesi in via di sviluppo sta crescendo. Nel 2023, secondo i dati delle Nazioni Unite, almeno 3,3 miliardi di persone in Africa, America Latina e Asia vivevano in Paesi costretti a spendere di più per ripagare gli interessi sui debiti che per finanziare sanità o istruzione. Molti altri dati dimostrano che il debito pubblico e, in particolare, il debito estero, è tornato a rappresentare una zavorra che rischia di affossare le speranze di sviluppo di interi popoli. Quello del debito è un tema che si ripresenta a 25 anni dalla campagna mondiale lanciata in occasione del Giubileo celebrato nel 2000.

Nel 2000 – ha spiegato Riccardo Moro, docente di Economia dello Sviluppo all’Università di Milano, in un convegno organizzato dalla diocesi di Milano nel fine settimana – il peso del debito era dovuto a cause non attribuibili ai debitori. Vi erano state diverse contingenze internazionali: la crisi del petrolio, che aveva reso disponibile una grande quantità di dollari sui mercati internazionali, e i tassi di interesse molto bassi. Tutti si erano indebitati perché era conveniente. Il denaro, però, non fu sempre speso in modo efficiente, poiché impiegato in sussidi, opere pubbliche inutili, corruzione e armamenti. Poi le politiche neoliberiste fecero alzare i tassi di interesse e, in particolare negli Stati Uniti, fecero aumentare il valore del dollaro. I Paesi in via di sviluppo – ha sottolineato Moro – si trovarono così a dover pagare interessi alti e in dollari e, con il tempo, quel debito diventò impagabile. Venticinque anni fa nacque un movimento globale per la remissione dei debiti, ispirato dalla società civile, che portò intorno a un tavolo i governi dei Paesi creditori, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Il debito fu cancellato e si sperò in una ripresa delle economie, libere dal grave fardello della restituzione di interessi e capitali.

Invece oggi si è tornati al punto di partenza. Perché? Secondo Moro, anche in questo caso, si sono sommate ragioni diverse. La prima è l’ingresso sulla scena internazionale della Cina. Negli ultimi anni, Pechino, per sostenere la propria manifattura con materie prime, ha offerto denaro facile, con condizioni diverse da quelle dei prestatori tradizionali. Un secondo elemento è l’ingresso nel gruppo dei creditori anche dei soggetti privati. A ciò si sono aggiunte la crisi finanziaria del 2008 e l’epidemia di Covid-19, che hanno causato una forte crisi economica, un calo delle entrate fiscali e un aumento dell’indebitamento.

“G20, Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale hanno proposto il Common Framework, un’iniziativa in cui i creditori pubblici cancellano il debito solo se i privati fanno lo stesso”, ha spiegato Moro. “Finora, però, è risultata inefficace”. La comunità internazionale e la società civile stanno spingendo per la creazione di un forum presso le Nazioni Unite, con l’autorità di definire regole per un indebitamento sostenibile e criteri di sostenibilità del debito. “La discussione è aperta  – sottolinea l’economista –. Un appuntamento cruciale è la Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo a fine giugno a Siviglia, dove si discuterà di strumenti per finanziare l’Agenda 2030 e affrontare questioni come il mercato finanziario e le relazioni debito-credito”.

Nel processo di remissione del debito, come ha più volte ribadito Papa Francesco, non si può ignorare il debito ecologico accumulato dal Nord del mondo. “Senza industrializzazione, Europa e Nord America non avrebbero raggiunto il benessere attuale – spiega Gabriele Verga, del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale -. Tuttavia, le conseguenze di quel processo sono state pagate soprattutto dal Sud del mondo, che vive il dramma del cambiamento climatico. Per Papa Francesco, debito ecologico e debito estero sono due facce della stessa medaglia, frutto di una logica di sfruttamento che culmina nella crisi del debito. In quest’anno giubilare, ha invitato la comunità internazionale a condonare il debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra Nord e Sud. È un appello alla solidarietà e alla giustizia”.

© Riproduzione riservata

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