di: Ernesto Sii | 5 Dicembre 2025
Non esiste un modello unico di “città intelligente”, ma un ecosistema globale che si adatta a contesti radicalmente diversi, dalla rigenerazione dei centri storici europei alle megalopoli africane costruite da zero. È questo il messaggio centrale emerso dall’incontro “Smart Cities: Connettere Europa, Africa e Golfo”, tenutosi il 3 dicembre sera presso la Brussels House di Milano. L’evento, organizzato nel solco del format “Aperitivo” di Brussels House, ha riunito una platea selezionata di circa trenta realtà d’eccellenza – tra studi di architettura, società di ingegneria, aziende Ict e laboratori universitari – per esplorare le opportunità di business in tre continenti chiave.
Il modello europeo: Bruxelles e la sfida della sostenibilità
Ad aprire i lavori è stato Guglielmo Pisana (Brussels House Milano), che ha illustrato le operazioni in corso a Bruxelles, definita un vero e proprio “laboratorio europeo”. Pisana ha sottolineato come la sfida nel Vecchio Continente sia l’integrazione. L’obiettivo della capitale belga non è costruire il nuovo, ma rendere sostenibile l’esistente: limitare drasticamente il traffico e l’uso dell’auto privata a favore di una mobilità dolce e spingere sull’acceleratore della digitalizzazione. Un processo che coinvolge tanto le attività amministrative locali quanto i servizi diretti al cittadino, trasformando la burocrazia in un ecosistema di dati accessibile ed efficiente.
Dal Golfo all’Africa: l’ingegneria finanziaria delle nuove città
La prospettiva si è poi allargata con l’intervento di Eugenio Bettella (Partner Bergs & More), che ha tracciato un parallelo tra i Paesi del Golfo e le nuove frontiere africane. Bettella si è concentrato sull’infrastruttura finanziaria che rende possibili questi progetti faraonici: spesso non si tratta solo di urbanistica, ma di vere e proprie operazioni di costruzione di Zone Economiche Speciali (Zes) o Free Zone.
Secondo l’avvocato, molte delle smart cities che vediamo nascere oggi partono da un concetto settoriale forte per attrarre investitori e finanza specifica su quel segmento. Bettella ha citato l’esempio di Konza Technopolis in Kenya come caso emblematico di questo modello: una città che nasce prima come hub tecnologico e normativo per poi svilupparsi fisicamente, seguendo logiche simili a quelle dei progetti visionari del Golfo.

Il futuro è in Africa: demografia e tecnologia
Il focus centrale della serata è stato dedicato all’Africa, con l’intervento di Massimo Zaurrini, direttore di InfoAfrica, che ha delineato uno scenario di trasformazione epocale: entro il 2050, la popolazione africana raddoppierà toccando i 2,5 miliardi di persone, e il 60% di queste vivrà in aree urbane.
Zaurrini ha spiegato come l’urbanizzazione africana rappresenti un’opportunità straordinaria di leapfrogging (salto tecnologico), dove le città nascono direttamente “smart” senza passare per le fasi intermedie dello sviluppo industriale occidentale. Attraverso una panoramica dettagliata, sono stati presentati i principali poli di innovazione del continente, dal Kenya (“Silicon Savannah”), alla Nigeria con Eko Atlantic a Lagos, al Ghana (con progetti come Hope City e Appolonia City che integrano campus tecnologici e governance digitale), alla Tunisia (con i progetti di Tunisi) fino in Rwanda, con il progetto di Kigali Innovation City, che punta a creare 50.000 posti di lavoro nel tech trasformando il paese in un hub regionale.
Un approccio interdisciplinare
L’evento si è concluso con un vivace dibattito che ha visto il contributo attivo degli invitati. Dalle domande tecniche sulla gestione energetica, alle riflessioni sulla mobilità avanzate dagli ingegneri, fino alla visione estetica degli architetti, è emersa una conclusione unanime. La Smart city non è un prodotto “chiavi in mano”, ma un tema complesso e interdisciplinare. In un mercato in cui la crescita annua del settore in Africa è stimata al +12% fino al 2029, la capacità di “fare rete” tra eccellenze italiane – unendo design, ingegneria, tecnologia e finanza – appare non solo strategica, ma fondamentale per competere su scala globale.
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