di: Céline Dominique Nadler | 5 Dicembre 2025
L’ente per lo sviluppo con sede a Nairobi Fsd Africa ha annunciato un nuovo fondo di rischio fino a 30 milioni di dollari per finanziare startup tecnologiche assicurative in fase iniziale in tutto il continente. L’iniziativa è stata presentata in questi giorni al BimaLab Africa Insurtech Summit come parte di un più ampio sforzo per colmare il crescente divario di protezione assicurativa in Africa, supportare gli enti regolatori e rafforzare la resilienza climatica e finanziaria per milioni di famiglie.
L’annuncio arriva in un momento in cui la vulnerabilità dell’Africa agli shock sta diventando sempre più evidente nei numeri. La penetrazione assicurativa rimane inferiore al 3% nella maggior parte dei Paesi e il continente ha assorbito un forte aumento delle perdite non assicurate dovute a calamità naturali, passate dal 58% nel 2021 a circa l’80% nel 2022.
La mancanza di copertura trasforma ogni siccità, alluvione o emergenza sanitaria in una battuta d’arresto a lungo termine. In Malawi, dove il ciclone Freddy ha spazzato via case e raccolti lo scorso anno, i dati governativi mostrano che oltre due terzi delle famiglie colpite non avevano riserve finanziarie. In Nigeria, le alluvioni del 2022 hanno cancellato beni stimati in oltre sei miliardi di dollari, la maggior parte dei quali non assicurati, bloccando le piccole imprese da Bayelsa a Kogi.
Il nuovo fondo di investimento Insurtech inclusivo di Fsd Africa, noto come 3iF, dovrebbe essere lanciato a gennaio 2026. Il fondo è progettato per supportare le imprese che offrono soluzioni assicurative accessibili e basate sulla tecnologia nei settori della salute, della resilienza climatica e dell’inclusione finanziaria, in particolare per le comunità a basso reddito e svantaggiate, storicamente escluse dai prodotti assicurativi formali.
Si prevede che gran parte della pipeline per questi investimenti provenga da BimaLab, il programma di accelerazione lanciato da Fsd Africa nel 2020. Negli ultimi quattro anni, il programma ha supportato 135 startup in 28 Paesi africani, aiutandole a perfezionare i prodotti, ad adeguarsi alle normative e a testare modelli nei mercati locali. Molte di queste iniziative stanno affrontando barriere di lunga data all’adozione del sistema assicurativo: gli elevati costi di distribuzione, la sfiducia negli assicuratori, la scarsità di dati per la sottoscrizione e la difficoltà di raggiungere popolazioni remote o informali. Inoltre sebbene l’ascesa di queste startup segnali un cambiamento, esse operano in mercati in cui la regolamentazione non è sempre al passo con l’innovazione. Solo una manciata di Paesi africani ha istituito sandbox assicurativi e le startup devono spesso affrontare lunghi tempi di approvazione.
Per affrontare questo problema, il vertice degli ultimi giorni ha visto anche il lancio di un Regulatory Sandbox Eligibility Assessment Toolkit, volto a fornire agli enti regolatori criteri più chiari per valutare i nuovi modelli insurtech. Lo strumento li aiuta a valutare il potenziale impatto, i rischi per i consumatori e il valore dell’innovazione, riducendo i ritardi per le startup che necessitano di chiarezza normativa prima di avviare progetti pilota o raccogliere capitali. Gli enti regolatori di Kenya, Ghana, Ruanda e Namibia hanno mostrato interesse nell’utilizzare il framework nella creazione o nel perfezionamento dei propri sandbox.
La posta in gioco è alta perché l’assicurazione è diventata centrale nel dibattito sull’adattamento climatico del continente. L’assicurazione basata sull’indice dei raccolti sta emergendo come una priorità nel Corno d’Africa, dove i cicli di siccità si sono accorciati e i periodi di recupero degli agricoltori si sono pericolosamente ridotti.
Nell’Africa meridionale, dove i cicloni sconvolgono ripetutamente le economie costiere, i prodotti parametrici stanno lentamente trovando la loro strada nelle mani di piccole imprese e cooperative. Questi strumenti non solo forniscono risarcimenti, ma riducono anche la dipendenza dagli aiuti di emergenza, che spesso arrivano troppo tardi per attutire le perdite precoci. La questione della sostenibilità non è quindi più se l’assicurazione sia necessaria, ma quanto velocemente possa raggiungere le persone che ne hanno più bisogno.
In tutto il continente, le implicazioni economiche derivanti dalla mancanza di assicurazione sanitaria sono sostanziali. In Costa d’Avorio, i lavoratori del settore informale, che rappresentano oltre il 90% della forza lavoro, assorbono regolarmente shock sanitari che costano tra i 50 e i 300 dollari, cifre sufficienti a spingere le famiglie in cicli di indebitamento che durano mesi.
Dall’altra parte del continente, in Mozambico, le ripetute inondazioni hanno rallentato la ripresa a livello comunitario a un ritmo che le compagnie assicurative descrivono come “pluriennale”, in gran parte perché le famiglie devono ricostruire con fondi propri.
Più a sud, in Sudafrica, il costo delle alluvioni di Durban del 2022 ha rivelato uno squilibrio diverso: le imprese formali hanno beneficiato dei risarcimenti assicurativi, mentre migliaia di famiglie non assicurate hanno perso quasi tutto. Queste disparità evidenziano perché il fallimento del mercato è anche un fallimento sociale e di sostenibilità.
Le conversazioni al BimaLab Summit hanno rispecchiato questa realtà. I fondatori hanno parlato dei costi per raggiungere i clienti rurali in luoghi in cui gli agenti fisici sono ancora importanti. Gli assicuratori hanno discusso della difficoltà di sottoscrivere polizze assicurative per abitazioni in insediamenti informali privi di documentazione catastale.
Gli investitori hanno sottolineato che il round di finanziamento iniziale medio per le insurtech africane rimane inferiore al milione di dollari, ben al di sotto di quanto il capitale di rischio assegna tipicamente alle fintech in pagamenti o prestiti. L’opinione generale è che l’Africa non manchi di idee; manca piuttosto di capitali al momento giusto, di una preparazione normativa adeguata e di meccanismi per costruire la fiducia con i nuovi utenti.
Il fondo 3iF intende colmare questa lacuna intermedia, fornendo capitale di crescita alle aziende che hanno testato i propri modelli ma necessitano di un supporto più profondo per espandersi oltre confine. Se implementato in modo efficace, potrebbe contribuire ad accelerare il passaggio da piccoli progetti pilota a sistemi di protezione a livello continentale, integrati in agricoltura, sanità, commercio al dettaglio, trasporti ed ecosistemi digitali. Con l’intensificarsi degli eventi meteorologici estremi e il persistere di bilanci familiari ridotti, la capacità delle famiglie di resistere agli shock dipenderà sempre più dall’accessibilità, dalla convenienza e dalla progettazione di una protezione dai rischi in base alle realtà locali.




