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Clima, l’Africa deve imparare ad adattarsi

di: Andrea Spinelli Barrile | 24 Novembre 2025

L’Africa deve ora porre l’adattamento al centro della sua strategia climatica. È quanto emerge da un’analisi recente dell’economista, ed ex-presidente della Banca mondiale per l’Africa orientale e meridionale, Hafez Ghanem, pubblicata dal Policy center for the new south (Pcns, un importante istituto di ricerca e think tank marocchino). Il continente ha una leva limitata per influenzare una traiettoria globale che punta verso un riscaldamento di circa 3°C entro la fine del secolo, in un contesto di rallentamento degli sforzi di mitigazione nei Paesi industrializzati.

Il rapporto del Pcns rileva che il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, con temperature globali medie superiori di 1,55 °C rispetto ai livelli preindustriali: Ghanem, citando dati scientifici dell’accordoOrganizzazione meteorologica mondiale, scrive che l’attuale tendenza al riscaldamento è in gran parte dovuta alla riserva storica di gas serra già presenti nell’atmosfera, cosa che rende improbabile una rapida inversione di tendenza. Pertanto, anche se i Paesi rispettassero gli attuali impegni climatici, le proiezioni disponibili convergono verso un aumento della temperatura di circa 3°C, ben lontano dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi: l’Africa, che rappresenta solo il 7% delle emissioni globali cumulative e il 6% delle emissioni recenti, con livelli pro capite molto inferiori rispetto ai principali emettitori, ha quindi scarsa influenza sul risultato globale ma resta la prima linea per quanto riguarda gli impatti del riscaldamento globale, in particolare in nord Africa, Africa meridionale e nelle regioni soggette a stress idrico. Lo studio di Ghanem prevede un riscaldamento superiore a 3 °C in Africa meridionale, ondate di calore più frequenti, una diminuzione delle precipitazioni in diverse regioni e maggiori rischi per le città costiere vulnerabili all’innalzamento del livello del mare.

Le implicazioni economiche potrebbero essere gravi, con perdite stimate tra il 2% e il 4% del Pil africano entro il 2040 a causa dell’impatto su agricoltura, pesca, infrastrutture e salute pubblica, e le conseguenze previste includono cali fino al 22% delle rese agricole nell’Africa subsahariana e un aumento delle malattie trasmesse dall’acqua e da vettori.

Alla luce di queste tendenze, l’adattamento emerge come una “necessità strategica”: il rapporto delinea diverse priorità, dai sistemi di allerta precoce, alla gestione sostenibile delle risorse idriche, dalla protezione costiera fino alle infrastrutture resilienti, il ripristino del territorio, i sistemi sanitari più solidi e migliori reti di sicurezza sociale. Il fabbisogno finanziario supera i 100 miliardi di dollari all’anno e questo potrebbe essere la madre di tutti i problemi futuri, visto che l’Africa riceve oggi solo una frazione di questa cifra, spesso sotto forma di prestiti: maggiori risorse interne, una maggiore mobilitazione del settore privato e strumenti innovativi come gli swap debito-clima sono fondamentali, secondo lo studio, per ripagarsi la transizione energetica.

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