di: Celine Camoin | 20 Ottobre 2025
Un’operazione battezzata “esportazione dei minerali del Burundi” è stata lanciata nei giorni scorsi dal presidente Evariste Ndayishimiye, il quale ha affermato che si apre una nuova era di trasparenza e ripresa economica.
Da Bujumbura sono partite alcune centinaia di tonnellate di quarzo verde e ametista destinate alla Cina, in un’operazione che il governo descrive come un segnale di apertura del settore minerario e di valorizzazione delle risorse nazionali.
Il capo dello Stato ha sottolineato che l’obiettivo è controllare tutta la filiera mineraria, per impedire le vendite illegali che in passato hanno privato lo Stato di entrate significative. Ndayishimiye ha annunciato che i prossimi minerali a essere esportati saranno coltan e cassiterite, e che le prime vendite serviranno a finanziare l’acquisto di macchinari per la trasformazione locale del minerale, in modo da vendere prodotti finiti e non materie prime grezze.
La cerimonia ha anche valorizzato il Programma di autonomizzazione economica e di impiego dei giovani (Paeej), che ha finanziato cooperative giovanili attive nell’estrazione dei minerali su otto siti in tutto il Paese. Il governo presenta il Paeejcome un modello di partecipazione giovanile e un volano per l’occupazione.
Tuttavia, analisti ed economisti locali invitano alla prudenza, sottolinea il giornale online Iwacu. Secondo i dati ufficiali, nel 2023–2024 solo il 24% delle entrate previste dal settore minerario è effettivamente confluito nel Tesoro pubblico, a causa di gestione opaca, contratti poco trasparenti e mancato rimpatrio delle divise estere. Gli esperti ricordano che la sospensione temporanea delle attività minerarie nel 2021, decisa per rinegoziare i contratti, non ha ancora prodotto risultati duraturi.
Il governo prevede per il 2025–2026 un forte aumento delle entrate, stimato in oltre 130 miliardi di franchi burundesi (circa 43 milioni di euro), grazie all’introduzione di un sistema digitale di tracciabilità delle produzioni. Ma osservatori come Gabriel Rufyiri, presidente dell’Olucome (Osservatorio per la lotta contro la corruzione e le malversazioni economiche), e Faustin Ndikumana, direttore di Parcem (Parole e azioni per il risveglio delle coscienze e lo sviluppo delle mentalità), restano scettici.
Rufyiri denuncia che il settore è ancora dominato da “gruppi di interesse potenti e opachi” e sollecita il Burundi ad aderire pienamente all’Iniziativa per la trasparenza nelle industrie estrattive (Itie), impegno già assunto ma mai concretizzato. A suo avviso, “la trasparenza non si misura con le cerimonie pubbliche, ma nei conti dello Stato e nella pubblicazione dei dati di produzione e vendita
Anche Ndikumana ridimensiona l’impatto dell’operazione: le 260 tonnellate di minerali esportate rappresentano, secondo lui, “una goccia nel mare” e non potranno cambiare da sole la situazione economica. Sottolinea inoltre la necessità di aggiornare la mappa mineraria nazionale, di realizzare studi di impatto ambientale e di armonizzare le istituzioni del settore, oggi frammentate e politicamente condizionate.
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