di: Valentina Milani | 2 Settembre 2025
Il settore minerario della Namibia è destinato a registrare una forte crescita nei prossimi cinque-dieci anni grazie ai consistenti investimenti in arrivo nel Paese. Lo ha dichiarato Anthony Viljoen, amministratore delegato di Andrada Mining Limited, sottolineando che, nonostante l’attenzione attuale su petrolio, gas e idrogeno verde, “l’industria mineraria continuerà a svolgere un ruolo determinante”.
Secondo Viljoen, citato dal The Namibian, tre quarti delle miniere della Namibia si trovano all’interno di aree di conservancy, che producono circa il 75% dei ricavi minerari del Paese. A giugno, la miniera di stagno di Uis (Erongo), gestita da Andrada, ha siglato un accordo quinquennale di fornitura di minerale con la miniera Goantagab, situata nella conservancy di Sorris Sorris, regione di Kunene. L’intesa prevede la lavorazione di 240.000 tonnellate di minerale nell’impianto di Uis e un’opzione di acquisizione del 100% di Goantagab per 15 milioni di dollari.
Viljoen ha ricordato che il futuro della miniera di Goantagab è legato a una controversia legale tra conservancies locali, operatori turistici e i titolari delle concessioni. La Namibia Competition Commission è stata coinvolta nel contenzioso.
Dal rilancio della miniera di Uis, Andrada ha creato 400 posti di lavoro e investito 1,5 miliardi di dollari namibiani nella comunità locale, con l’obiettivo – ha detto Viljoen – di “generare benefici economici diffusi attraverso l’effetto moltiplicatore”.
Il manager ha inoltre stimato che Goantagab disponga di 30.000-40.000 tonnellate di stagno ad alta concentrazione. Al prezzo attuale di circa 33.500 dollari per tonnellata, il valore complessivo potrebbe raggiungere 1,34 miliardi di dollari (circa 25 miliardi di dollari namibiani).
Sulla controversia tra sviluppo minerario e conservazione, Viljoen ha sostenuto che “un’industria non deve prevalere sull’altra” e che è possibile far coesistere estrazione e tutela ambientale. Ha ribadito che le attività previste interesseranno una minima parte della conservancy, lasciando intatte vaste aree abitate dai rinoceronti, e ha espresso sostegno al lavoro di organizzazioni come Save the Rhino Trust e Predator Trust.
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