di: Valentina Milani | 6 Agosto 2025
Il settore tessile del Lesotho continua a subire pesanti conseguenze economiche, con chiusure di fabbriche e licenziamenti, nonostante la riduzione al 15% del dazio sull’export verso gli Stati Uniti, decisa giovedì dal presidente Donald Trump. Secondo il ministro del Commercio Mokhethi Shelile, la misura resta insufficiente a salvare il comparto.
La nuova aliquota è stata fissata tramite un ordine esecutivo che ha modificato i dazi reciproci per decine di Paesi, tra cui il Lesotho, che da aprile era sotto minaccia di un’imposizione al 50%, la più alta tra i partner commerciali degli Stati Uniti. “È un sentimento contrastante. La parte triste è che non è ancora abbastanza… questo porterà comunque a una perdita di posti di lavoro”, ha dichiarato Shelile a Reuters.
Il settore tessile è il principale esportatore del Lesotho, sostenuto finora dai benefici dell’Africa Growth and Opportunities Act (Agoa), l’iniziativa statunitense che garantisce accesso preferenziale al mercato Usa ai Paesi africani eleggibili. Grazie a questo regime, l’industria tessile rappresentava circa il 90% delle esportazioni manifatturiere del Paese e impiegava circa 40.000 persone. Ma l’annuncio dei dazi ha provocato la cancellazione di ordini da parte di importatori statunitensi, con gravi ripercussioni occupazionali. “Il 15% per il nostro tessile equivale al 50%, perché non possiamo comunque competere con Kenya o Eswatini, che applicano un dazio del 10%”, ha aggiunto Shelile. “Sono i nostri concorrenti diretti”.
L’amministrazione Usa ha giustificato l’intervento sostenendo che il Lesotho imporrebbe tariffe del 99% sulle merci statunitensi, un dato che le autorità del Paese dichiarano di non essere in grado di confermare.
Mentre alcune fabbriche tessili hanno iniziato a cercare nuovi mercati di sbocco, il governo ha confermato l’intenzione di proseguire il dialogo con Washington nella speranza di ottenere ulteriori riduzioni tariffarie.
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